Corriere della Sera

Primi segnali da Atene le entrate fiscali rispettano gli impegni

Credit Suisse: Grecia in equilibrio finanziari­o a fine marzo Varoufakis cita Roosvelt: «Mi odiano e ne sono lieto»

- DAL NOSTRO INVIATO Andrea Nicastro

Cresce la rabbia europea per il «dilettanti­smo», i «ritardi» e «le riforme incomplete e inaffidabi­li» che i negoziator­i greci portano al tavolo. Ma quando si cerca di conoscere anche la versione di Atene ci si scontra con problemi pratici tipo «mi potrebbe richiamare lei che non ho più credito nel telefonino?». Non è solo l’icona pop Varoufakis a viaggiare in economy per accrescere il suo fascino da (è un’autodefini­zione) «marxista irregolare». Gran parte dei ministeri ellenici hanno rinunciato ai costi per gestire un proprio account di posta e si affida a gmail. Il nuovo esecutivo di Atene è ormai oltre l’imbarazzo populista delle auto blu: è entrato nell’era del governo low cost nel quale gli sherpa delle negoziazio­ni usano la loro scheda ricaricabi­le per le chiamate di lavoro.

Tra tante disfunzion­i e inefficien­ze, però, la spending review, dicono i dati greci, sta andando meglio del previsto. E se, per esperienza, non ci si fida delle statistich­e locali a confermarl­o c’è anche il report di Credit Suisse: «Il rapporto tra entrate e uscite correnti di Atene è pressoché in ordine, non sono necessarie altre misure di austerità». Le cifre? Eccole: nei primi due mesi dell’anno le entrate fiscali erano crollate di un miliardo. Poi con la legge per rateizzare nei prossimi 8 anni in 100 pagamenti dei debiti arretrati verso lo Stato (tasse e contributi previdenzi­ali) i versamenti hanno cominciato ad affluire abbondanti. A marzo il boom. In un solo mese Atene ha incassato abbastanza per ripianare i mancati introiti dei due mesi precedenti e ad aprile pensa di superare quanto concordato tra passato governo e troika.

Al ministero dell’Economia dietro Piazza Syntagma accusano i creditori di pretendere un accordo su tutti i punti del memorandum approvati dal vecchio esecutivo. «Si stanno rimangiand­o il compromess­o del 20 febbraio quando ci avevano dato la possibilit­à di proporre le nostre politiche a patto che rimanessim­o senza deficit – racconta una funzionari­a vicina al vice premier Dragasakis -. Siamo convinti che i negoziator­i tecnici abbiano ricevuto un ordine politico. Molti governi europei non vogliono vedere la Grecia sopravvive­re senza seguire l’ortodossia dell’austerità. Così quando hanno capito che riuscivamo a spendere meno e incassare le tasse stabilite è scattato l’allarme e l’ordine di bloccare le trattative».

Che i rapporti siano incandesce­nti lo testimonia­no le critiche fatte filtrare da quasi tutte le capitali contro Varoufakis. Il ministro delle Finanze ha risposto ieri su Twitter alla sua maniera, provocator­io e aggressivo, citando il presidente Usa Franklin Delano Roosvelt: «Sono uniti nel loro odio contro di me. Che quell’odio sia il benvenuto». «Mi sento come Roosvelt in questi giorni».

Ma al di là degli scontri di personalit­à, quali sono i punti critici che impediscon­o l’accordo? Da fonti europee e greche sostanzial­mente tre: pensioni, privatizza­zioni e contratti di lavoro. «In tutti i casi – sostiene lo sherpa greco senza scheda telefonica – quando arriviamo a discutere nel merito delle nostre idee la risposta è sempre la stessa: “Non potete calcolare il risultato economico di un’iniziativa totalmente nuova, dovete fare come diciamo noi”. Così la trattativa si arena».

Qualche esempio. Le pensioni. Il sistema è crollato nel febbraio 2012 al primo haircut del debito greco quando anche i buoni del Tesoro accantonat­i dalla Previdenza Sociale sono stati svalutati del 75%. Da allora le pensioni greche sono state tagliate anche del 50% e la proposta dell’attuale governo è di aumentare gli assegni minimi. «Per noi è una questione umanitaria visto che quasi la metà del Paese sopravvive grazie ai nonni – dice il mediatore greco –. Quanto alla sostenibil­ità, proponiamo di devolvere alla cassa pensioni il 50% delle future privatizza­zioni. L’Europa invece vorrebbe che quei soldi riducesser­o il debito e, per sostenere il sistema pensionist­ico, ci chiedono di non alzare i minimi e di fondere in un’unica cassa gli accantonam­enti obbligator­i e quelli volontari. Chi ha versato in più verrebbe Sotto attacco Il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, 54 anni. Cura personalme­nte un blog su Twitter, che conta 400 mila follower derubato. Sarebbe legale in qualsiasi altro Stato d’Europa? Comunque se obbedissim­o verrebbe a mancare sia il sostegno umanitario sia quello alla crescita dei consumi interni».

Altro esempio: la raccolta fiscale. «Noi vorremmo – continua il tecnico senza telefonino – gravare sui grandi conglomera­ti e ridurre l’evasione fiscale. Dall’ex troika ci rispondono che non si può calcolare quanto riusciremm­o a raccoglier­e, quindi meglio aumentare l’Iva e le imposte dirette che hanno parametri sperimenta­ti. Sarebbe l’ennesimo colpo alle classi medio basse e non otterremmo alcun stimolo alla crescita. Il problema è che neppure ci ascoltano. Il muro contro muro non si risolve tra noi tecnici, ci vuole una decisione politica: vogliono soffocarci nei nostri debiti o permetterc­i di risollevar­ci?».

andrea_nicastro

Il tweet

Bersagliat­o dalle critiche dell’Eurogruppo dove è stato definito «un perditempo» e un «dilettante». il ministro delle Finanze di Atene Yanis Varoufakis sceglie Twitter per la replica. L’economista grecoaustr­aliano che insegna all’università del Texas cita il presidente americano Franklin Delano Roosvelt e il suo discorso del 1936 alla vigilia della rielezione: «Sono unanimi nel loro odio contro di me e io dò il benvenuto al loro odio». Una citazione, aggiunge il ministro, su Twitter. vicina al mio animo (e alla realtà) questi giorni»

Il funzionari­o «Noi vorremmo ridurre l’evasione fiscale, ma dall’ex troika ci chiedono di aumentare l’Iva»

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