Arriva Poletti La Festa dell’Unità e le tensioni dopo il caso Giannini
L’idea era quella di celebrare 70 anni di Feste dell’Unità, tornando tra il verde della Montagnola, a ridosso del centro storico bolognese, là dove nel ‘51 si svolse la prima edizione nazionale. Ma il diavolo, diciamo così, ci ha messo lo zampino. E così, dopo le convulsioni polemiche sul mancato invito della minoranza pd (solo parzialmente rientrate) e la plateale contestazione sulla scuola che ha spinto il ministro Stefania Giannini ad annullare il dibattito di venerdì scorso, quella che avrebbe dovuto essere unicamente un’occasione di festa e confronto rischia di trasformarsi anche in una questione di ordine pubblico. Il calendario della kermesse prevede infatti, da qui al 3 maggio, altri esponenti a rischio contestazioni: dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che stasera parlerà di Jobs act, al premier Matteo Renzi, atteso domenica, passando per le inevitabili fibrillazioni legate all’inaugurazione dell’Expo milanese, di cui a Bologna si è avuta un’anteprima nei giorni scorsi con lo «street parade» culminato nel lancio di letame contro un McDonald’s. Festa blindata quindi, inevitabile. Nel Pd e dintorni, la parola d’ordine è sdrammatizzare. Il responsabile organizzativo, Fabio Querci, che può vantare il successo della kermesse nazionale dell’estate scorsa con il record di presenze, si è detto tranquillo («Alla fine, vedrete, prevarrà il clima di festa»), ma questo non gli ha impedito di lanciare un appello ai contestatori: «Il diritto alla protesta non deve mai prevaricare l’espressione delle idee». Esattamente ciò che non è avvenuto con il ministro Giannini. Brutto precedente. Nella storia delle Feste dell’Unità non si ricordano dibattiti annullati sull’onda delle proteste. Anzi, uno dei tratti che ha sempre contraddistinto la kermesse, sia nell’era comunista che post, è quello della tolleranza tra idee e personalità spesso agli antipodi (per stare agli ultimi anni, la presenza del leghista Roberto Calderoli o del grillino Federico Pizzarotti). Ieri sera ci si è messo pure un violento temporale a complicare le cose, facendo saltare il dibattito con il Guardasigilli Andrea Orlando. Quando gira storta…
Lo scontro
Contraria a parti della nuova legge elettorale, la minoranza del Pd chiede per mesi modifiche all’Italicum. In particolare, vengono contestati il premio alla lista, e non alla coalizione, e i capilista bloccati
Il 16 aprile, all’assemblea del gruppo dem alla Camera, il premier e segretario del Pd Matteo Renzi ribadisce che l’Italicum non subirà modifiche e la sua relazione passa con 190 voti su 310: al voto non prendono parte i deputati della minoranza
Il 20 aprile in commissione Affari costituzionali alla Camera, dove il testo sulla legge elettorale è all’esame, i 10 deputati della minoranza critici sull’Italicum vengono sostituiti
Il testo ottiene due giorni dopo il via libera della commissione. Al voto non partecipano le opposizioni, che scelgono l’Aventino. Oggi la nuova legge elettorale arriva in Aula, dove inizierà la discussione generale
«Il punto è politico: qui rischia di venire meno un pezzo di Pd». Danilo Leva, bersaniano, non nasconde i timori per quello che accadrà quando si andrà al voto sull’Italicum, se venissero poste le questioni di fiducia. E il Pd rischia di arrivarci spaccato in tre tronconi: un corpaccione di renziani e lealisti che dirà di sì alle fiducie e nel voto finale; un gruppo consistente di bersaniani e cuperliani che non negherà il proprio via libera ma non nasconderà l’irritazione e la rabbia; e una minoranza di irriducibili, che consumerà uno strappo
A metà strada Lattuca: potrei votare la fiducia per la fiducia, ma dire no nel voto segreto sulla legge
con la maggioranza del partito, dicendo di no alle fiducie e all’Italicum. Tra questi, ci sarà anche chi differenzierà il voto, dando la fiducia al governo, ma respingendo il provvedimento nel voto finale segreto.
I capofila della protesta sono noti. I no più secchi sono di Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre. Che ancora ieri ribadiva: «Questa legge elettorale è un pasticcio, un errore. Io non la voterò, senza modifiche. Nella sciagurata ipotesi, io non parteciperò al voto di fiducia e poi voterò contro».