Corriere della Sera

Violate le email private di Obama Sono stati gli hacker dalla Russia

«Rubata» anche l’agenda del presidente. Ma non si tratta di documenti segreti

- DAL NOSTRO INVIATO G. Sar. gsarcina@corriere.it

I servizi segreti russi frugano nella vita pubblica, ma un po’ anche in quella privata, di Barack Obama. Da Washington arriva un’altra conferma: nei mesi scorsi un gruppo di hacker si è introdotto nei computer della Casa Bianca, intercetta­ndo il flusso di mail che dai vari uffici porta fino allo Studio Ovale del presidente.

Una fonte «vicina alle indagini in corso» ha aggiunto altri dettagli pubblicati ieri dal New York Times, dopo che la vicenda era emersa il 7 aprile scorso con un servizio della Cnn. I pirati non sarebbero riusciti a superare lo sbarrament­o che protegge i «file classifica­ti», quelli che contengono le informazio­ni «sensibili», di importanza strategica per gli Stati Uniti. Gli incursori, però, hanno arato gran parte dei «file non classifica­ti»: corrispond­enza tra i diversi settori, rapporti, bozze preparator­ie per i discorsi o gli incontri del presidente. Tutto materiale che può diventare prezioso nelle mani di esperti analisti. Anche l’agenda riservata di Obama sarebbe finita sul tavolo dello spionaggio russo, con l’elenco degli incontri politici informali e di qualche svago personale, come una puntatina sul campo di golf.

Qualche settimana fa i portavoce della Casa Bianca avevano cercato di ridimensio­nare il «cyber attack», sostenendo che si trattasse di «una storia vecchia», senza rischi sostanzial­i per la sicurezza del Paese. Ma giovedì 23 aprile il ministro della Difesa, Ashton Carter è intervenut­o sul tema con un inquietant­e discorso pubblico all’Università di Stanford, in California. Carter ha innanzitut­to ammesso che un mese addietro gli hacker russi hanno assaltato i network della Casa Bianca, del Dipartimen­to di Stato e del Pentagono: «La nostra squadra difensiva li ha individuat­i e li ha buttati fuori». Il titolare della Difesa americana ha poi indicato con chiarezza da dove arrivano le minacce. Quattro Paesi: Russia appunto, Cina, Iran e Corea del Nord. Il governo di Mosca sembra più interessat­o alle decisioni politiche di Washington. Quello di Pechino alle innovazion­i tecnologic­he delle aziende. L’attività di Teheran si è concentrat­a su tutte le informazio­ni e le attività degli Usa e dei suoi alleati sul dossier nucleare. L’incidente più vistoso, finora, si è però verificato con il regime di Pyongyang nel dicembre scorso. L’Fbi accusò la Corea del Nord di aver commission­ato un massiccia spedizione cibernetic­a alla rete della multinazio­nale Sony per impedire l’uscita del film «The Interview», un ritratto satirico del dittatore Kim Jong-un.

La conclusion­e di Carter segna un salto di qualità nella strategia difensiva degli Stati Uniti. Nell’ultimo bilancio federale compare la voce «salvaguard­ia e messa in sicurezza del cyberspazi­o » , con uno stanziamen­to di 41,2 miliardi di dollari: una cifra rilevante se si considera che l’intera posta per la difesa ammonta a 600 miliardi di dollari. Il Pentagono, dunque, si sta attrezzand­o con «regole di ingaggio» simili a quelle pianificat­e per rispondere a offensive sferrate con armamenti tradiziona­li. La prima fase di intervento verrà affidata agli specialist­i del web, rinforzand­o i team già attivi. Il secondo passaggio non esclude azioni dirette contro le infrastrut­ture di telecomuni­cazioni utilizzate dagli hacker. Così dallo scontro cibernetic­o si tornerebbe alla guerra reale.

Dati non classifica­ti La corrispond­enza contiene pure rapporti, bozze di discorsi e la lista di incontri e svaghi La difesa Il ministro della Difesa Carter: «Gli hacker sono stati individuat­i e buttati fuori»

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