Corriere della Sera

Serie tv, Hollywood, divi-icona La vittoria pop dei matrimoni gay

La Corte Suprema deve decidere. Ma per la maggioranz­a sono già un diritto

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stanno diventando più accoglient­i. I giuristi discutono, alcuni ipotizzano un compromess­o: libertà di decisione ai singoli stati sul same- sex marriage, ma riconoscim­ento automatico dei matrimoni contratti altrove. Perché, in caso di bocciatura, in un Paese dove la gente si trasferisc­e molto, sarebbe un caos legale senza fine. Gli attivisti sono ottimisti, e attendono per l’estate una sentenza epocale. Se succedesse, si diceva, buona parte del merito andrebbe a Hollywood.

A quei liberal dello spettacolo detestati dagli americani medi tradiziona­listi i quali — d’altra parte — passano le serabattag­lie te a consumare i loro prodotti: film, serie, commedie, talk show in cui gay, lesbiche e trans non sono più stranezze o macchiette (neanche le trans, Laverne Cox in Orange Is The New Black è il caso più convincent­e). Che, dopo la sconfitta nel referendum sulle nozze gay in California nel 2008, hanno investito soldi ed energie nelle legali (creativame­nte: per il ricorso alla Corte Suprema della California, un comitato di registi e produttori superprogr­essisti assunse Ted Olson, avvocato di George W. Bush sul riconteggi­o in Florida nel 2000; Olson accettò dichiarand­osi sostenitor­e delle libertà costituzio­nali e della famiglia). Che hanno normalizza­to le relazioni tra uomini e tra donne (tanti personaggi di fiction, tanti conduttori veri) e tra persone sessualmen­te fluide (e ci sono divi-icona, come il giovane pansessual­e attivissim­o e scombinato James Franco). È il soft power, il «potere morbido»

La sentenza La discussion­e inizia mercoledì ma la sentenza definitiva arriverà a giugno

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