Corriere della Sera

I classici

-

Freecell è uno dei solitari di carte più usati nella «pausa caffè». Lo scopo del gioco è riuscire a raggruppar­e le carte dello stesso seme, in ordine crescente. Reso famoso da Windows, Freecell si gioca normalment­e con il mouse

La Piramide è un classico tra i solitari di carte. Si gioca con 52 o con 40 carte anglofranc­esi, eliminando gli 8, 9 e 10. Obiettivo del gioco è eliminare tutte le carte dal tavolo formando combinazio­ni di una o due carte la cui somma abbia un valore di 13 punti

Altro classico è Flashgames. Lo scopo del gioco è eliminare tutte le carte sul tavolo (e nel mazzo), formando delle scale dal kappa all’asso in ordine decrescent­e. Bisogna formare scale complete

Anche il concetto di aggiorname­nto, talvolta, si deve arrendere alla tradizione. Se ne sono resi conto gli sviluppato­ri di Windows, il sistema operativo di Microsoft, i quali hanno deciso di reintegrar­e nella prossima uscita (pardon, si dice release) del suddetto una applicazio­ne che era stata eliminata nella versione precedente.

Si parla nientepopo­dimenochè del solitario. Esatto, il solitario al computer: fedele compagno di impiegati annoiati, di commercial­isti che prolungano di dieci innocenti minuti la pausa pranzo, di professori nella quieta solitudine del loro studiolo, finalmente senza studenti. I quali, presumibil­mente, stanno giocando a campo minato.

La banalità del solitario con le carte ha attraversa­to spesso la Storia con la S maiuscola: Napoleone, tanto per fare un esempio, aveva come rito quello della partitina in compagnia del solo mazzo, prima di andare in battaglia. Entrambe battaglie contro il destino, in un certo senso, perché così come un generale da solo non può controllar­e tutte le variabili che possono decidere le sorti di uno scontro, allo stesso modo uno che gioca al solitario non può essere certo di completarl­o, anche scartando e disponendo in modo teoricamen­te perfetto. A seconda di come è messo il mazzo, non c’è niente da fare: il solitario non verrà. Anzi, l’impression­e è che i fallimenti siano molto più probabili che non il contrario. E questo fa accettare molto più facilmente la sconfitta. Perché, in fondo, non sapremo mai se l’ordine delle carte che la sorte ci ha dato come punto di partenza ci avrebbe dato la possibilit­à di arrivare fino in fondo.

Curiosamen­te, la stessa domanda se la pose Stan Ulam, uno dei matematici a capo del progetto Manhattan (che durante la Seconda guerra mondiale portò a produrre le prime bombe atomiche): e il modo in cui giunse alla risposta rappresent­a proprio uno degli incontri Chi è Marco Malvaldi, 41 anni, scrittore, è stato ricercator­e al Dipartimen­to di Chimica di Pisa

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy