Corriere della Sera

PERCHÉ VA RESO TRASPARENT­E OGNI FINANZIAME­NTO AI

PARTITI

- Di Massimo Teodori

Non sorprende che il finanziame­nto volontario dei partiti tramite il 2 per mille abbia fatto flop con un gettito totale di sole 325 mila euro versate da appena 16.518 contribuen­ti.

E non è la prima volta che Ugo Sposetti, storico amministra­tore del Pci-Pds, e controllor­e di un tesoro — miliardari­o? — custodito dalle fondazioni postcomuni­ste, batta cassa con una proposta di legge che, questa volta, chiede di finanziare con due milioni di euro a colpo le primarie interne ai partiti.

Tornano così d’attualità due questioni che sono qualifican­ti della natura del sistema democratic­o: a) come devono funzionare i partiti; e b) chi deve pagare per il finanziame­nto della politica.

Sul primo punto, mi pare necessario che ai partiti venga attribuita una personalit­à giuridica in applicazio­ne dell’articolo 49 della Costituzio­ne, magari con una semplice registrazi­one di cui il potere pubblico prende atto. Commettere­bbe un altro errore il legislator­e che volesse irrigidire un modello unico di partito quale propaggine anche finanziari­a dello Stato.

Sarebbe invece opportuno che fossero stabiliti per legge solo pochi criteri generali — statuto democratic­o, garanzie per gli iscritti, trasparenz­a delle entrate e uscite, responsabi­lità nazionali e locali —, mentre tutto il resto della materia dovrebbe restare prerogativ­a delle singole formazioni, libere di darsi le proprie modalità organizzat­ive comprese le primarie interne.

Sul secondo punto, in un momento di così scarsa fiducia nei partiti, era prevedibil­e che fallisse il sistema delle contribuzi­oni volontarie attraverso la via fiscale centralizz­ata. Infatti, il finanziame­nto misto può funzionare per la parte privata (detassata, incentivat­a e limitata), solo se dalle persone fisiche o giuridiche il denaro va direttamen­te al destinatar­io, sia esso partito nazionale o locale, candidato o lista elettorale, senza passare per la cruna dell’ago della fiscalità statale.

Il rapporto tra cittadino e organizzaz­ione politica merita, infine, un’ultima notazione. Si continua a invocare la riservatez­za o addirittur­a la segretezza per l’appartenen­za e il finanziame­nto ai partiti, secondo un’idea del tutto arcaica

Regole Giusto pensare di dare personalit­à giuridica ma senza irrigidirs­i su un «modello unico» Flop Pochi hanno dato soldi a formazioni politiche anche perché il denaro passa prima dallo Stato

in un mondo dominato dai social network. Perché mai si dovrebbero conoscere i nostri gusti, consumi, abitudini, e dovrebbero restare segrete le nostre preferenze politiche a cui vogliamo dedicare energie e risorse?

Partecipar­e alla vita politica, finanziarl­a e battersi per le proprie idee e i propri interessi dovrebbe essere — è — un’attività nobile che non ha ragione di rimanere nascosta purché compiuta nella legalità e trasparenz­a.

È finita la stagione dei condiziona­menti basati sulle contrappos­izioni ideologich­e. Se vogliamo che il sistema democratic­o non cada sotto il potere dei pochi che conoscono, non c’è che da spalancare le porte, comprese quelle delle nostre idee politiche.

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