L’Europa è un sistema complesso: per influenzare scelte e decisioni occorre dimostrare di possedere una miscela di qualità dove determinazione e inventiva siano accompagnate dalla conoscenza approfondita dei dettagli tecnici
Come democrazia garantisce, nessun Paese è mai riuscito a imporre la propria posizione unilaterale agli altri, se non acquisendone l’indispensabile sostegno. Questo può dipendere da motivi di oggettiva comunanza d’interessi, da alleanze consolidate o estemporanee, da un’accettazione passiva per evitare problemi maggiori. Simili situazioni raramente sono casuali; di solito, richiedono un attento lavoro di preparazione politica e di negoziato. Prima di intraprenderlo, un governo dovrebbe essere sicuro di possedere una solida conoscenza della questione (aspetti tecnici inclusi) e valutare bene come presentarla, tenendo conto di cosa pensano gli interlocutori, alla luce delle loro rispettive sensibilità ed esigenze. Da questi approfondimenti e dalla perizia nel persuadere dipende il risultato che, doverosamente, va misurato nei dettagli operativi. Infatti, più dell’impressione iniziale che, talvolta, se ne può trarre, sono rilevanti i suoi effetti concreti nel tempo. Nella discontinua evoluzione del sistema europeo, lungo sei decenni, l’effimero ha sempre pesato poco.
La capacità di un governo d’influenzare scelte e decisioni, e all’occorrenza di costruire maggioranze a livello di Unione, deriva soprattutto da una miscela di determinazione, affidabilità, inventiva e stima. Requisiti che possono apparire ovvi, perché importanti in ogni discussione, ma che, nel contesto europeo, assumono un rilievo nodale, risolutivo.
La determinazione attiene alla maniera decisa, magari ostinata, con la quale si sostengono le proprie posizioni, ma acquista spessore solo se accompagnata dalla cura dei particolari e da un’attenzione per le priorità altrui, con la volontà di tenerne conto; essere abili comunicatori aiuta, ma non basta.
L’affidabilità discende dal concorso di molteplici fattori, ad esempio: lealtà, competenza e logica espositiva; fattori non occasionali ma comprovati nel tempo, attraverso una sostanziale coerenza nel proprio comportamento.
L’inventiva — merce rara — richiede di saper immaginare e delineare soluzioni attuabili, tali da suscitare interesse; non va confusa con la fantasia o con la mera destrezza evocativa: ciò che davvero conta è la puntuale struttura di un progetto e la sua realizzabilità condivisibile.
La stima di cui si gode presso i destinatari delle proposte discende, come in ogni relazione umana, da vari elementi emotivi e razionali: giovano la simpatia e ancor più l’empatia, ma sono cruciali le opinioni più diffuse quanto all’immagine e alla reputazione; al riguardo, chi è conosciuto da lungo tempo, viene valutato su basi consolidate, che permettono di ponderare i momenti migliori con quelli meno propizi, mentre per chi è nuovo, risultano determinanti le prime impressioni.
La storia prova che nessuno Stato ha costantemente dominato la scena politica Ue. Dai vari, eterogenei esempi si vede che l’influenza è sempre dipesa dalle qualità di ciascun leader. I «padri fondatori» furono personalità lungimiranti e se rileggiamo le cronache dell’epoca, non fu facile, per De Gasperi, Adenauer e Schuman, iniziare la decisiva cooperazione fra ex nemici, dopo la guerra. Capaci organizzatori e galvanizzatori, come Delors, hanno lasciato un’impronta concreta, consolidando il ruolo degli organismi comuni. Spinelli e Monnet, uomini dai grandi ideali, sono tuttora ricordati e ammirati per la visione coraggiosa, al tempo stesso pragmatica. Capi di governo della tempra di Kohl e Thatcher hanno lasciato il segno, coniugando — in modi diversi — l’interesse del proprio Paese con quello europeo.
Così ieri. E oggi? Valgono i medesimi canoni. Serve a poco invidiare o colpevolizzare certi leader perché più influenti di altri, indignarsi o lamentarsi perché i propri beniamini non riescono a imporsi. Nell’ambito dell’Unione, tutti i cittadini responsabili e democraticamente partecipi hanno la possibilità di valutare le prestazioni dei protagonisti e di comprendere perché alcuni raccolgano più consensi di altri presso la maggioranza dei partner; su questa base, è possibile stimolare i rispettivi governanti.
L’alternativa più drastica, naturalmente, c’è: ed è il rifiuto delle regole europee e l’abbandono dei tavoli comuni, verso destini isolazionisti.