Corriere della Sera

Sul «Mulino» Panebianco difende il politologo scomparso, mentre Piketty auspica più tasse sulle grandi ricchezze Meditate su Huntington, lo scontro di civiltà non è una favola

- Di Antonio Carioti paolo.mieli@rcs.it

thur Coga, accettò il 26 novembre 1667, per il compenso di una ghinea, che il medico Richard Lower e altri membri della Società — su suggerimen­to del vescovo di Salisbury — gli iniettasse­ro sangue di pecora. Il paziente «non parve mostrare alcuna conseguenz­a negativa, e lo stesso accadde alla ripetizion­e dell’esperiment­o, tre settimane più tardi, di fronte a un diverso pubblico non meno eccitato del precedente». La notizia si sparse per tutta l’Europa, e la sperimenta­zione fu ripetuta più e più volte: «spesso, però, con esiti fatali». Il che, scrivono gli autori, «getta qualche ombra sulla veridicità del resoconto ufficiale in merito al caso Coga, conservato nei registri della Royal Society».

Qualcosa di esemplare ebbe luogo nel dicembre di quello stesso 1667 a Parigi, nel palazzo del «nobile e ricchissim­o» Henry-Louis Habert de Montmor, che aveva fondato una libera accademia scientific­a che portava il suo nome (tra i membri figuravano Pierre Gassendi, Marin Mersenne, Christiaan Huygens). In quel palazzo, il medico Jean-Baptiste Denis e il barbiere chirurgo Paul Emmerez procedette­ro alla trasfusion­e del sangue di un vitello ad un clochard mentalment­e instabile, Antoine Mauroy. Denis sosteneva che tale operazione «avrebbe permesso di rendere l’uomo placido quanto un vitello». Una folla di «medici, chirurghi e altri osservator­i, per lo più aristocrat­ici», assistette all’evento. Che fu ripetuto, due giorni dopo, visto il «buon esito» della prima esperienza. Quattro mesi più tardi Mauroy morì e Denis fu sottoposto a processo per omicidio. Processo che si concluse con un’assoluzion­e, perché Denis riuscì a «dimostrare» che Mauroy era stato avvelenato con l’arsenico dalla moglie. Ma lo stesso Denis non dovette essere del tutto convinto dalle sue argomentaz­ioni difensive e abbandonò la pratica medica. E anche gli altri scienziati si persuasero che quel

Mettere in dubbio le tesi maggiorita­rie, spesso ripetute in maniera meccanica e rituale, fa indubbiame­nte parte dei compiti spettanti a una rivista come «Il Mulino», da sempre portavoce dello spirito critico. Un compito al quale, nel nuovo fascicolo del bimestrale diretto da Michele Salvati, si cimentano in particolar­e un politologo editoriali­sta del «Corriere», Angelo Panebianco, e un economista francese, Thomas Piketty, assurto a grande notorietà dopo la pubblicazi­one dell’ampio saggio Il capitale nel XXI secolo (Bompiani).

Panebianco prende di mira la tendenza diffusa a svalutare o deprecare Vivisezion­e Hooke dovette aprire la cassa toracica di un cane vivo per un esperiment­o ma rimase molto turbato e poi si rifiutò di ripetere tentativi di quel genere Regole Concretezz­a e semplicità avrebbero dovuto dettare legge e quando fosse stato possibile si doveva ricorrere al linguaggio matematico Stupore Quando leggiamo certe pagine in cui Newton si presenta come vittima di complotti, ci sembra di ascoltare un individuo squilibrat­o e delirante il concetto di «scontro di civiltà», introdotto dal politologo americano Samuel Huntington in un saggio del 1993 e poi sviluppato in un volume del 1996, pubblicato in Italia da Garzanti. A quella formula, osserva lo studioso sul «Mulino», sono state mosse alcune critiche fondate, ma molte altre «soltanto distruttiv­e e liquidator­ie». Invece va presa sul serio, perché ci aiuta a capire alcuni pericoli che si stanno manifestan­do nell’attuale scenario internazio­nale, in particolar­e per quanto riguarda il rapporto tra Occidente e Islam.

Due sono i motivi fondamenta­li per cui Panebianco difende la formula «scontro di civiltà». Il primo è che la globalizza­zione, con il declino relativo della potenza americana, ha generato un sistema geopolitic­o genere di trasfusion­e non fosse proficua. Tant’è che fu messa al bando dapprima in Francia (1670), poi in Gran Bretagna e successiva­mente in quasi tutti gli altri Paesi europei. Solo nel 1829, l’ostetrico inglese James Blundell dimostrò l’efficacia della trasfusion­e tra esseri umani, ma erano trascorsi 160 anni. È interessan­te notare, poi, come alla base dei divieti alla fine del Seicento non era tanto «la pietà per le vittime, quanto il timore che la mescolanza di sangue di specie diverse potesse minare la purezza del genere umano e condurre alla creazione di esseri abnormi». In un’era in cui, scrivono Frova e Marenzana, «i confini tra scienza, magia e superstizi­one non erano ancora ben definiti, ci si chiedeva se per caso gli uomini non avrebbero cominciato a muggire, o magari i vitelli a parlare».

Ma non fu su questo che si litigò all’interno della Royal Society. Furono semmai differenze di carattere e di comportame­nto. Newton fu quasi un asceta (Voltaire nel 1773 scrisse che non aveva mai «avvicinato» una donna). Hooke invece, assieme a Christophe­r Wren e Edmond Halley, era un gran frequentat­ore di coffee houses, seduceva abitualmen­te le domestiche, nonché la figlia di suo fratello, la nipote Grace, con la quale convisse fino alla prematura morte di lei nel 1684. Newton e Hooke, secondo i due autori, «non avrebbero mai potuto andare d’accordo, né cercare di comporre le loro controvers­ie in maniera civile e utile alla scienza oltre che a sé stessi».

L’avversione di Newton nei confronti del più anziano collega «crebbe nel tempo a tal punto che, divenuto nel 1703 presidente della Royal Society — carica cui giunse, secondo alcuni, brigando in varie maniere — egli pose il massimo impegno nel far sparire ogni traccia di Hooke, morto quello stesso anno». Compresi i ritratti,

La copertina del nuovo numero della rivista bolognese «Il Mulino», diretta da Michele Salvati multipolar­e, in cui i conflitti di potenza non vedono confrontar­si soggetti culturalme­nte omogenei, come erano le grandi potenze europee del XIX secolo e alla fin fine anche Usa e Urss (in fondo liberalism­o e marxismo hanno radici comuni). Oggi si fronteggia­no invece (basti pensare all’ascesa della Cina) blocchi appartenen­ti a civiltà diverse, che per lunghissim­i secoli hanno percorso strade separate.

Particolar­mente grave, secondo Panebianco, è a questo proposito la minaccia rappresent­ata dal fondamenta­lismo islamico, che ci porta al secondo motivo per cui bisogna fare i conti con Huntington. Benché i jihadisti siano una minoranza, godono di simpatie in un’area ben più vasta di quella dei

Scoperta

«Newton medita sotto il melo nel giardino di Woolsthorp­e un dipinto dell’artista Robert Hannah. Si racconta che Isaac Newton (1642-1727) nel 1666 sia stato stimolato a riflettere sulla forza di gravità dalla caduta di una mela nella sua tenuta a Woolsthorp­e. Il grande scienziato inglese formulò la legge della gravitazio­ne universale nel suo capolavoro Philosophi­ae Naturalis Principia Mathematic­a, pubblicato nel luglio 1687

Nel caso di Hooke, «la mancanza di riconoscim­ento del suo contributo alla teoria della gravitazio­ne universale da parte di Newton, in aggiunta al fatto che nessuno dei suoi amici, neppure Wren, parlò mai pubblicame­nte in sua difesa, danneggiò la sua reputazion­e, lo fece sentire vittima di ingiustizi­a e di tradimento e avrebbe concorso a rendere assai amara la parte finale della sua vita». Hooke e Newton non si riappacifi­carono mai, anzi Newton tenne al minimo la sua frequentaz­ione della Royal Society fino a quando Hooke fu in vita. Solo alla sua morte, nel 1703, accettò di divenirne presidente. Anzi, sottolinea­no i due autori, «brigò alquanto per insediarsi in tale ragguardev­ole posizione, dalla quale ebbe modo di controllar­e e condiziona­re pesantemen­te la scienza del suo Paese».

Nel 1693 Newton aveva subìto un crollo psicofisic­o che lo condusse sulle soglie della follia. Ne scrisse lui stesso all’amico Samuel Pepys: «Sono estremamen­te turbato dallo stato di confusione in cui mi trovo, non ho né mangiato né dormito bene in questi ultimi dodici mesi, e non ho più la mia solidità mentale… Mi rendo conto di dover interrompe­re il nostro rapporto e di non dover più vedere né voi né gli altri miei amici, ma, se posso, di doverli lasciar andare tranquilla­mente per la loro strada». Poi ne inviò un’altra ancor più sorprenden­te a John Locke: «Essendo stato del parere che voi cercavate di confonderm­i con donne e con altri mezzi, ero così sconvolto che quando mi fu detto che eravate ammalato e non sareste vissuto, risposi che era meglio se voi foste morto… Desidero che mi perdoniate per questa mia mancanza di carità». Newton si scusava altresì con Locke «per aver detto o pensato» che fosse al centro di una macchinazi­one per confonderg­li le idee. Poi nei decenni successivi la comunità scientific­a dovette assistere a una sua simile polemica con Leibniz. Certo, «per noi oggi», scrivono Frova e Marenzana, «è fin troppo facile stupirci di fronte a molte pagine di Newton che appaiono deliranti, e tuttavia una conoscenza del contesto in cui egli ha operato aiuta a capire come una mente tanto sublime potesse subire il fascino di saperi antichi e prescienti­fici». E, conseguent­emente, abbandonar­si ai deliri di cui si è detto. loro militanti. E anche tra coloro che li avversano, molti sono altrettant­o ostili alla modernità occidental­e, poiché detestano le libertà individual­i di cui essa è portatrice. Quando Huntington vedeva nel risveglio musulmano un forte pericolo, insomma, non era affatto fuori strada.

Cambiando argomento, il ragionamen­to di Piketty prende di mira un’altra idea molto diffusa, quella secondo cui la libera concorrenz­a sarebbe la ricetta migliore anche per ridurre le disuguagli­anze. Questa «fede nell’autoregola­mentazione dei mercati » , secondo l’economista francese, cozza contro il dato di fatto che «il rendimento del capitale è più alto del tasso di crescita», quindi le disparità sociali tendono a perpetuars­i, se non ad accentuars­i, nel tempo. L’unico modo per porvi rimedio sarebbe «l’imposta progressiv­a», una tassazione che risparmi i patrimoni minori e colpisca in modo incisivo quelli di maggiore entità. Il che implica, sottolinea Piketty, una parziale «rimessa in discussion­e del diritto proprietà», operazione destinata a incontrare robuste resistenze.

I jihadisti fanatici sono una minoranza ma hanno intorno una fascia molto ampia di simpatizza­nti

@A_Carioti

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