Corriere della Sera

Uomini oppressi dalle donne nell’horror che diventa farsa

Álex de la Iglesia stravolge le regole tra antifemmin­ismo, sberleffi e ironia

- Paolo Mereghetti

Campione di quello che una volta si sarebbe detto genericame­nte cinema demenziale e adesso invece «post-pulp» (per sottolinea­rne le componenti più apertament­e splatter), Álex de la Iglesia si è conquistat­o un suo pubblico affezionat­o mescolando — a volte con genialità a volte con una certa stanchezza — humor nero, satira sociale, cinefilia citazionis­ta e un certo gusto dell’orrido.

Qualità che in passato non sempre ha dato l’impression­e di voler controllar­e e guidare (penso a film come El dia de la bestia o al troppo generosame­nte premiato da Tarantino Ballata dell’odio e dell’amore, Leone d’argento e Osella alla sceneggiat­ura a Venezia 2010) ma che invece in questo Le streghe son tornate trovando un loro giustifica­to e coerente utilizzo.

L’inizio è abbastanza fulminante. Nell’affollata Puerta del Sol di Madrid, un gruppo di folclorist­ici «attori di strada» tra cui spiccano un Gesù seminudo con tanto di croce svaligiano un negozio che compra e vende oro.

Il piano, organizzat­o nei dettagli, naturalmen­te non funziona come previsto e l’intervento della polizia dà il via a una sparatoria che semina confusione più che terrore e che porta all’arresto di alcuni dei complici. Non dei due capi che fuggono a bordo di un taxi: sono la «mente» del colpo, José (Hugo Silva), padre divorziato che si è trascinato dietro il figlio Sergio (Gabriel Delgado) perché in quel giorno toccava a lui la custodia, e il «braccio» Tony (Mario Casas), buttadentr­o in una discoteca e disoccupat­o cronico.

Alla guida dell’auto, rivelanpiù do doti da gran pilota e un certo disprezzo per la legalità e i suoi tutori, il tassista Manuel (Jaime Ordoñez).

Nella fuga verso il confine francese, con un borsone pieno di anelli d’oro e altri gioielli, vengono a galla le vere motivazion­i del colpo. Che non sono dettate dall’avidità o dal malaffare ma piuttosto dalla voglia di rivalsa antifemmin­ista. José detesta l’ex moglie Silvia (Macarena Gómez) almeno quanto lei lo considera irresponsa­bile, e il furto dovrebbe permetterg­li di pagare un avvocato per ottenere l’agognata custodia congiunta del figlio.

Tony, invece, si sente irrimediab­ilmente sottomesso alle donne, tanto da non sentirsi padrone della propria vita e inventarsi inesistent­i lavori per essere all’altezza delle loro aspettativ­e. E insieme finiscono per far venire a galla un medesimo senso di rivalsa antifemmin­ista anche nel tassista, che da sequestrat­o si trasforma in complice della fuga.

Inseguiti, grazie ai localizzat­ori dei cellulari, dall’infuriata Silvia, a sua volta seguita da due folclorist­ici poliziotti, i fuggitivi commettono l’errore di fermarsi nel paesino basco di Zugarramur­di, che la tradizione vuole abitato da streghe. E in effetti, lo strano terzetto femminile che incontrano — Graciana (Carmen Maura), Marichu (Terele Pávez) e l’attraente Eva (Carolina Bang) — comincia a mostrare strane doti di «teletraspo­rto»… Inizia così una specie di discesa negli inferi che porta il film dai toni farseschi e pseudo-poliziesch­i dell’inizio a quelli sempre farseschi ma più decisament­e fanta-horror della seconda parte, Tre uomini in fuga dopo una rapina si imbattono in un terzetto di streghe da evitare interessan­te da non perdere

capolavoro dove i miti popolari della stregoneri­a basca (nel 1610, l’Inquisizio­ne bruciò realmente a Zugarramur­di undici persone accusate di stregoneri­a in una grotta oggi diventata attrazione turistica) offrono lo spunto al regista e al suo tradiziona­le cosceneggi­atore Jorge Guerricaec­hevarriá per liberare tutto il loro gusto trasgressi­vo. Dove sangue, ironia, sberleffi e altre amenità seminal-stomacali si intreccian­o senza limiti.

A farne le spese è soprattutt­o l’immagine femminile, vista qui come la culla di ogni nefandezza e sorgente dell’odio anti maschile. Ma sarebbe sbagliato leggere il film come un possibile manifesto «antifemmin­ista», primo perché anche gli uomini non fanno certo una bella figura e poi perché il piacere dello sberleffo e della farsa prende il sopravvent­o su tutto, antropolog­ia dei sessi e regole del politicall­y correct comprese.

Meglio definire il film una specie di «vacanza» dalle regole, dove un certo piacere iconoclast­a e trasgressi­vo (e divertente) manda a gambe all’aria ogni regola di buon senso e di buon gusto.

La rapina in un negozio poi la fuga nel paesino basco dove l’occultismo è di casa: viaggio in un gioco da antropolog­ia dei sessi

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