Corriere della Sera

PRESIDENZE DELLE CAMERE SCELTA, FUNZIONI, STILE

- Paola Marchetti

Mi pare che il presidente della Camera Laura Boldrini faccia troppo spesso parlare di sé. Negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti i presidenti delle Camere sembrano occuparsi sempliceme­nte del funzioname­nto del ramo del Parlamento di cui hanno la responsabi­lità.

QSondrio uando fu eletto alla presidenza della Camera dei deputati, nel 1876, Francesco Crispi pronunciò un discorso in cui disse, tra l’altro: «Come nel seno dell’Etna ribolle spesso e si rattiene l’ignea materia antica, mentre sulla vetta sta tranquilla e perpetua la neve, così accanto all’ardore dell’anima, alla eccitabili­tà della fibra, ho posto il dominio sicuro di una ferma volontà». In altri tempi e Paesi questa garanzia di neutralità, che l’uomo politico siciliano stava dando ai suoi colleghi, sarebbe stata superflua. Non è questa la necessaria virtù del presidente di una assemblea parlamenta­re? Ma Crispi, dopo la caduta del governo Minghetti e la formazione del primo ministero di sinistra della storia nazionale, aspirava a un incarico di governo, se non addirittur­a alla presidenza del Consiglio. Quando l’incarico venne dato ad Agostino Depretis, fu deciso, per «tenerlo buono», di dargli una compensazi­one. Il risultato fu un presidente della Camera che faceva viaggi in Francia, Inghilterr­a e Austria (dove incontrò Bismarck) per tessere la trama di un politica estera di cui non era costituzio­nalmente responsabi­le.

Il caso Crispi non è troppo diverso da altri casi dell’Italia repubblica­na. Per ragioni di equilibrio politico, non sempre confessabi­li, le due cariche presidenzi­ali (Camera e Senato) sono finite nel mucchio di quelle che vengono utilizzate per rafforzare una coalizione, lanciare segnali agli avversari di ieri o neutralizz­are una personalit­à politica potenzialm­ente fastidiosa e bizzosa.

Se darà un’occhiata alla lista degli uomini e delle donne che hanno presieduto Camera e Senato dal 1948 ai nostri giorni, cara Signora, scoprirà che molti, da Giovanni Gronchi in poi, sono stati scelti con questo spirito e queste intenzioni. Mentre la guida di un’Assemblea parlamenta­re dovrebbe essere affidata a chi non ha altra ambizione fuor che quella di concludere onorevolme­nte una carriere pubblica, la scelta, in Italia, cade spesso su persone che sono visibilmen­te desiderose di assumere altre responsabi­lità. È inevitabil­e quindi che questi potenziali candidati ad ulteriori incarichi coltivino la loro immagine pubblica con viaggi, pubblici interventi e prese di posizione che, nella migliore delle ipotesi, non rientrano nelle loro competenze e, nel peggiore dei casi, proiettano un’ombra sulla loro imparziali­tà.

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