Regole ammorbidite e interpretazioni incerte così la figura dell’arbitro rischia l’anonimato
Impossibile dare voti alti agli arbitri di A, come era possibile fino a qualche tempo fa. Eppure si tratta di fischietti con oltre 100 gare dirette; e non è sempre vero che sono senza coraggio o peggio con poca personalità. Una volta si diceva che gli arbitri nascono spigolosi e finiscono lisci: oggi sono state arrotondate e ammorbidite le regole del gioco grazie a un ampliamento significativo e discutibile delle interpretazioni. Parliamo delle due regole fondamentali (il fuorigioco e i falli), sulle quali sembra calato dall’alto il velo ampio della involontarietà. I falli di mano, soprattutto in area, sono quasi sempre non punibili e perfino sui contrasti tra giocatori si sta scivolando verso il perdono. E pensare che questo gioco si regge su regole certe e falli con relative sanzioni quando si danneggia il gioco avversario. Tre momenti indissolubili che hanno fatto nascere l’arbitro: se smorziamo la forza della regola, attenuiamo la funzione arbitrale e indirizziamo questa figura verso la non decisione o (peggio) verso il piattume tecnico. Orsato (Inter-Roma) poteva meritare più della sufficienza se si fosse ricordato che tra i dieci gialli ci poteva stare anche il rosso per Gnoukouri per fallo grave su Ibarbo. A Damato (Udinese-Milan) vorrei dire di fischiare prima che il giocatore gli ricordi il fallo subito; o fischia subito oppure la sua (buona) immagine viene sbiadita. Le espulsioni e i rigori di Peruzzo, Di Bello e Chiffi sono state applicazioni esatte della regola.