Corriere della Sera

Hanno le molotov ma restano a Milano

Blitz preventivo della polizia in vista di Expo. Tra le persone perquisite 16 francesi e 4 tedeschi Trovate mazze e petardi. Il tribunale: ma gli indizi sono generici. Primo maggio, timori per il corteo

- Di Luigi Ferrarella e Gianni Santucci

Erano in 26, di cui 16 francesi e 4 tedeschi. Con molotov e bastoni d’acciaio. La polizia li ha fermati in un blitz preventivo per Expo. Ma il giudice: non vanno allontanat­i.

La prima finestra la spaccano alle 2 di notte. Tirano dentro un paio di fumogeni, un tubo incendiari­o, un contenitor­e di vernice viola. Via Palmieri, zona Stadera, Milano Sud. È il primo attacco, contro una sede di Forza Nuova. Passano due ore, altro vetro spaccato. È la finestra di un seminterra­to: via Maiocchi, sede della libreria Ritter (specializz­ata in libri di «storia militare, fascismo e nazionalso­cialismo»); qualcuno butta dentro altri fumogeni, benzina, altra vernice viola. Il secondo assalto ha conseguenz­e più pesanti: la libreria va a fuoco, i computer si sciolgono tra le fiamme, l’impianto elettrico brucia. Il terzo tempo di questa catena di devastazio­ne viene scoperto solo al mattino. Gli impiegati della sede del sindacato Ugl di via Aosta, in zona Mac Mahon, trovano 5 vetrine sfondate.

Eccola, la nottata di Milano a due giorni dall’inaugurazi­one dell’Expo. Un gruppo di antagonist­i si è scatenato contro sedi e simboli dell’estrema destra che, proprio oggi, si riunirà per ricordare i 40 anni dall’omicidio di Sergio Ramelli, il militante del Fronte della gioventù ucciso da extraparla­mentari di sinistra di Avanguardi­a operaia nel 1975. Ed è in questo clima di tensione che, all’alba, la polizia fa irruzione in due case occupate in via degli Apuli e in un locale poco distante, in via Odazio, quartiere Giambellin­o.

In queste strade di palazzi popolari all’estrema periferia della città si muove uno dei movimenti più radicali dell’area anarchica, che nell’autunno scorso ha infiammato i lunghi mesi della «lotta per la casa». Nei due alloggi e nella sede della «Base di solidariet­à popolare Giambellin­o», gli investigat­ori della Digos trovano 26 persone, tra cui 16 francesi e 4 tedeschi. È il materiale sequestrat­o a tracciare il profilo del gruppo, di area completame­nte diversa rispetto a chi ha portato gli attacchi notturni: 20 martellett­i per spaccare vetrine, 3 caschi, 4 maschere antilacrim­ogeni, bastoni con la punta d’acciaio, fionde, punteruoli, petardi, fumogeni. Arrestato un ragazzo tedesco con nell’auto taniche di benzina, bottiglie e stracci per fabbricare delle molotov. È un armamentar­io completo per devastare banche, auto e attaccare le forze dell’ordine durante un corteo. Mostra la fondatezza dei segnali d’allarme sull’arrivo di anarchici e casseur stranieri intenziona­ti a confonders­i nel corteo del Primo maggio convocato dai comitati «No Expo» per contestare la manifestaz­ione nel giorno di apertura. Solo 5 dei 20 stranieri al Giambellin­o avevano documenti, tutti vengono denunciati per occupazion­e abusiva e nel pomeriggio la questura, in base all’articolo 20 (comma 11) del decreto legislativ­o 30/ 2007, firma i provvedime­nti di «allontanam­ento dal territorio nazionale» di una francese e di tre tedeschi autori di «comportame­nti che costituisc­ono minaccia concreta e attuale all’ordine pubblico».

Ma in serata questo intervento di natura preventiva sull’or- dine pubblico si scontra con i parametri di legalità pretesi dagli standard di garanzia giudiziari­a. Il provvedime­nto di allontanam­ento non viene infatti convalidat­o dai giudici dell’Ufficio immigrazio­ne del Tribunale civile di Milano. Perché? Nelle 4 ordinanze di diniego, il presidente facente funzioni Olindo Canali e il giudice Nicola Fascilla obiettano che è troppo poco scrivere, come negli atti di polizia, che i 4 stranieri siano stati «individuat­i in un edificio che da informazio­ni in possesso delle autorità era de- stinato ad accogliere soggetti appartenen­ti all’area anarchica» o che erano «in possesso di oggetti atti a offendere» ma imprecisat­i: queste espression­i, infatti, «non contengono riferiment­i individual­izzanti sulle condotte» che dovrebbero giustifica­re una «limitazion­e gravissima di diritti fondamenta­li di cittadini comunitari» come l’espulsione, «dovendosi invece pretendere» a questo fine precise condotte «incompatib­ili con la civile e sicura convivenza».

Ma c’è di più: in un altro passaggio i giudici avvertono che neppure implicite ragioni di tutela di Expo il primo maggio possono avere asilo giuridico: «Il controllo dell’autorità giudiziari­a» sui provvedime­nti di allontanam­ento, infatti, «deve essere limitato alla loro regolarità e tempestivi­tà, senza che» da parte del Tribunale «si possa esercitare un controllo delle ragioni del provvedime­nto (cioè la prossima inaugurazi­one di un evento mediatico)».

Tensione in città Lunedì notte attentati contro Forza Nuova, una sede Ugl e una libreria di destra

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