Corriere della Sera

Timori per i dieci italiani ancora irreperibi­li

La madre del superstite Pizzorni: è salvo perché uno di loro è riuscito a tenere un braccio fuori dalla neve

- Elena Tebano

A volte è un messaggio via Skype, come quello dell’altoatesin­o di 22 anni Aaron Hell: «Cara mamma, io sto bene. Ero sulle montagne. A Kathmandu è tutto distrutto». Altre un sms: «Sto bene vado al parco Thamel», ha scritto Leonardo Cimberle, 19 anni, di Bassano del Grappa, alla famiglia. Oppure una telefonata che finalmente prende la linea grazie ai cellulari che hanno ricomincia­to a funzionare a Kathmandu, o a un satellitar­e prestato dai soccorrito­ri. Ieri sera erano 375 gli italiani in Nepal che sono riusciti a mettersi in contatto con i familiari o la Farnesina. E sono scesi a 10 quelli ancora irreperiso­no bili. Aumentano però i timori per le loro condizioni.

Intanto in serata un primo gruppo di connaziona­li è partito con un volo diretto in Italia, un altro è previsto per oggi. Sempre ieri sera è arrivato a Kathmandu un C130 italiano con aiuti d’emergenza per la popolazion­e. E il Consiglio dei ministri ha proclamato lo stato d’emergenza per inviare nel Paese colpito dal sisma gli specialist­i della Protezione civile.

La situazione in Nepal è sempre più difficile. Ieri il premier nepalese ha detto che gli aiuti inviati dall’estero sono ormai sufficient­i, ma tante zone del Paese non sono ancora sta- te raggiunte dai soccorrito­ri. «Fate presto. Qui è un macello: la gente muore sotto le macerie e i superstiti vivono in una situazione infernale» ha scritto ieri su Facebook Emilio Bucci, un muratore 38enne di Capistrell­o (L’Aquila), che si trova da oltre un anno in un villaggio vicino alla Capitale per lavoro.

Intanto sono stati evacuati tutti gli scalatori nei campi base dell’Everest: secondo l’associazio­ne degli sherpa nepalesi sono 180 quelli tratti in salvo e 19 le vittime della slavina che ha travolto le loro tende. Una nuova valanga invece ha seppellito il villaggio di Ghodatabel­a, nella valle di Langtang: ci 250 persone disperse. Il parco di Langtang, dove ci sarebbero ancora almeno 50 turisti stranieri bloccati, è anche la zona in cui sono morti quattro italiani. Ieri, uno dei sopravviss­uti, l’anconetano Giuseppe Antonini ha raccontato alla famiglia del genovese Nanni Pizzorni (ferito con il bacino rotto), quello che è successo quando neve e pietre hanno investito la loro casa: «Mio figlio era sommerso — riferisce la madre di Pizzorni — mentre Pino, uno dei suoi compagni, è riuscito a tenere un braccio fuori dalla neve. È stato questo che lo ha salvato. Prima ha tirato fuori Nanni, poi Oskar. Non ha potuto fare nulla per Gigliola Mancinelli. Oskar Piazza è morto poco dopo».

A Langtang è volato anche Piergiorgi­o Rosati, elicotteri­sta d’alta quota: in Nepal per vacanza, ora partecipa ai soccorsi. «Mi ricorda la Valtellina. Oggi sono venute giù due frane, è difficile — racconta —. Ci sono molte persone: tu ne puoi portare via 5-6 e vogliono saltar su in 50 » . Rosati nei prossimi giorni cercherà di recuperare i corpi di Piazza e Mancinelli: «Oskar era un amico, abbiamo lavorato insieme. C’è una parte emotiva estremamen­te forte».

Fate presto, è un macello la gente muore sotto le macerie Emilio Bucci Cooperante Posso portarne via cinque alla volta Lottano per salire in 50 Piergiorgi­o Rosati Elicotteri­sta

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy