Il caso delle pensioni tra governo e Consulta
Padoan: rispetteremo il verdetto minimizzando l’impatto sui conti. La Consulta: è autoapplicativa «Non servono i ricorsi». Zanetti: si partirà dai redditi più bassi. L’Europa: valuteremo la decisione
Caos dopo la sentenza della Consulta sulle pensioni. Dice il ministro dell’Economia, Padoan: «Pensiamo a misure che minimizzino l’impatto sui conti pubblici, nel pieno rispetto della Corte». Ma in serata, da fonti vicine alla Corte costituzionale che ha bocciato il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni del governo Monti, arriva il chiarimento: la sentenza è immediatamente applicativa e, tecnicamente, non servirà un ricorso per ottenere i rimborsi. A riaccendere il caso era stato il sottosegretario all’Economia, Zanetti: «Il governo è al lavoro ma è impensabile rimborsare chi ha pensioni fino a sei-otto volte la minima».
«Pensiamo a misure che minimizzino l’impatto sui conti pubblici, nel pieno rispetto della Corte». Così il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è tornato a spiegare la strategia del governo sul caos pensioni. Ma da fonti vicine alla Corte costituzionale che ha bocciato il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni del governo Monti, è arrivato in serata il chiarimento: la sentenza è immediatamente applicativa e tecnicamente non servirà un ricorso per ottenere i rimborsi.
A riaccendere il caso, nel pomeriggio di ieri, era stato Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia, dicendo quello, che in fondo, qualcuno sospettava già da giorni: «Il governo è a lavoro ma è impensabile rimborsare chi ha pensioni fino a sei-otto volte la minima» ha detto il vice di Padoan. I numeri della Cgia gli danno ragione: «Il mancato adeguamento Istat disposto dal governo Monti con il “salva Italia” che non riconosceva la rivalutazione per gli anni 2012-2013 degli assegni di importo superiore di tre volte il trattamento minimo e dichiarato incostituzionale dalla Consulta — hanno fatto sapere gli artigiani di Mestre — costerà all’Italia oltre 16,6 miliardi di euro». La manovra di Monti del 2011, tanto per dare un’idea, era di 30 miliardi lordi, 20 netti. Che la sentenza della Corte costituzionale potesse non essere una passeggiata, il governo lo aveva messo in conto. Tanto che il viceministro dell’Economia
La sentenza
La pronuncia della Corte costituzionale che ha ravvisato l’incostituzionalità del blocco dei meccanismi di adeguamento automatico dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo Inps (1.441 euro lordi nel 2013) Enrico Morando aveva detto: «Ancora non abbiamo effettuato i calcoli ma è chiaro che la sentenza ha conseguenze rilevanti sul bilancio pubblico».
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan aveva subito escluso che il governo stesse pensando a una manovra di aggiustamento dei conti per rimediare al colpo sulle finanze pubbliche inferto dalla decisione della Consulta. Ma aveva anche garantito la ricerca di una soluzione « rispettosa della sentenza» ma che minimizzasse «i costi per la finanza pubblica». Frasi ribadite dallo stesso Padoan ieri, dopo che fonti di Palazzo Chigi avevano voluto sottolineare che quanto detto dal sottosegretario Enrico Zanetti era stato espresso a nome di Scelta civica e non dell’esecutivo. Valgono insomma, il messaggio indiretto, le parole del ministro. Su cui poi, in serata, è tornato lo stesso Zanetti: «La rivalutazione delle pensioni andrà a scalare con l’aumentare dell’assegno. La mia posizione è la posizione di uno dei tre partiti che sostiene la maggioranza, non c’è antitesi con quanto detto da Padoan».
Ma come se non bastasse, dopo la Consulta, a suonare il campanello di allarme, ci ha pensato anche Bruxelles: «La Commissione sta aspettando la decisione del governo italiano per applicare la sentenza della Corte costituzionale e ne valuterà l’impatto. Un impatto — ha sottolineato — che non dovrebbe avere effetti sull’impegno dell’Italia nell’ambito del patto di Stabilità. La sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche italiane dovrebbe restare una priorità». Come questa priorità potrà conciliarsi con il rispetto della sentenza della Corte costituzionale, è ancora tutto da vedere. Con la sentenza si è subito posto un problema di sostenibilità economica. «Ancora non abbiamo effettuato i calcoli ma è chiaro che la sentenza ha conseguenze rilevanti sul bilancio pubblico» aveva subito detto il viceministro dell’Economia Enrico Morando. L’idea per risolvere la questione potrebbe essere quella di introdurre diversi scaglioni di rimborso, restituendo ad alcuni molto, ad altri poco, ad altri niente I conti sul tavolo del governo dicono che la sentenza costerebbe non solo 10 miliardi di euro per chiudere i conti con il passato, ma anche 5 miliardi di euro l’anno da qui in avanti. Secondo la Cgia di Mestre invece il peso potrebbe essere di oltre 16,6 miliardi di euro. Da qui il richiamo di Bruxelles all’Italia: «La sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche — ha fatto sapere la Commissione Ue — deve rimanere una priorità»