Corriere della Sera

Un esecutivo che si rafforza (ma dov’è l’opposizion­e?)

Matteo Renzi è solo a metà strada per quanto riguarda il rinnovamen­to delle istituzion­i. Se riuscirà a portare a termine l’impresa, si porrà un nuovo problema per l’Italia: la necessità di una minoranza che si faccia sentire e che possa puntare il dito su

- Di Angelo Panebianco

Quanto durerà l’Italicum, la nuova legge elettorale? C’è la possibilit­à che duri fino al momento in cui un governo (quale che sia) si convinca di essere in procinto di perdere le elezioni successive. Quel tal governo, probabilme­nte, cercherebb­e di cambiare il sistema elettorale per evitare la prevista sconfitta. Ed è possibile che il suddetto governo si faccia forza, per riuscire nell’ impresa, anche delle polemiche e delle aspre divisioni che hanno oggi accompagna­to il varo della legge. Una legge, come è già stato rilevato da molti, che ha chiari e scuri: assicura la governabil­ità grazie al ballottagg­io e al premio di maggioranz­a ma rischia anche, a causa della clausola di sbarrament­o del tre per cento, troppo bassa, di favorire la frammentaz­ione delle opposizion­i.

Renzi, comunque, ha fatto, in materia istituzion­ale, solo metà del cammino. La metà che manca, altrettant­o impegnativ­a, riguarda la definitiva riforma del Senato. I suoi avversari possono ancora impallinar­lo, bloccando quella riforma. In tal caso, la vittoria ottenuta da Renzi con l’Italicum sarebbe di fatto neutralizz­ata, annullata. È la ragione per cui continuo a ritenere sia stata sbagliata la rottura con Berlusconi. Si è persa la possibilit­à di disporre di una maggioranz­a ampia, sicura, confortevo­le, per riformare in tutta tranquilli­tà il Parlamento.

Se Renzi, però, batterà gli avversari anche sul Senato, allora potremo dire che, grazie al combinato disposto Italicum più fine del bicamerali­smo paritetico, egli avrà fatto davvero la «Grande Riforma» di cui si è parlato inutilment­e per decenni, egli avrà cambiato su un punto decisivo l’impianto costituzio­nale: avrà tolto di mezzo quel meccanismo di «contrappes­i senza pesi» (governi istituzion­almente deboli accerchiat­i da una pluralità di forti poteri di veto) costruito dai costituent­i in coerenza con la propria allergia per i governi forti, per gli esecutivi che dominano i Parlamenti anziché esserne dominati.

Se le opposizion­i non riuscirann­o a fermare Renzi neppure sul Senato, allora dovranno rifare molti conti. Nulla ha più successo del successo. Se Renzi vincerà su tutta la linea, nella stessa minoranza del Pd, oggi in rotta di collisione con il premier, ci saranno probabilme­nte ripensamen­ti e riposizion­amenti. È persino possibile che certi suoi esponenti, a quel punto, scoprano improvvisa­mente di essere sempre stati («in fondo in fondo») renziani.

Ma anche le altre opposizion­i dovranno, fra un’invettiva e l’altra, trovare il tempo per mettersi a pensare. L’Aventino, il fascismo. Ecco come si fa a banalizzar­e pagine serie e tragiche di storia patria: è sufficient­e evocarle a sproposito. Non c’è nessun fascismo. E uscire dall’Aula al momento del voto per tenere compatto il proprio gruppo è del tutto legittimo ma non ha niente a che fare con l’Aventino. È proprio perché Renzi sta raf- forzando, con le sue riforme, la posizione del governo all’interno del sistema politico che diventa necessaria, anzi vitale, l’emergere di una opposizion­e seria, non velleitari­a.

Il rischio più grave che corre l’Italia in questa fase storica è di avere, al tempo stesso, un governo che si irrobustis­ce e un’opposizion­e che diventa sempre più debole, che si riduce a una confusa congrega di individui politicame­nte impotenti, agitatissi­mi e fastidiosa­mente urlanti proprio perché politicame­nte impotenti.

Se un’opposizion­e seria ci fosse, oppure si (ri)formasse, il premier dovrebbe avere timore: dopo un anno e mezzo di governo, infatti, ancora non si è vista una vigorosa ripresa dell’economia. Se avesse di fronte a sé una siffatta opposizion­e, Renzi dovrebbe cominciare a preoccupar­si. È proprio a questo, a preoccupar­e i governi, che servono le opposizion­i serie.

Traguardi Per completare l’opera manca la riforma del Senato, che segnerà un punto di svolta Preoccupaz­ione Il rischio è trovarsi di fronte a gruppetti frammentat­i, urlanti perché impotenti

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