Il falso dilemma dei dubbi sul via libera del Quirinale
Ha sperimentato quel sentimento particolare che chi conosce un po’ il Quirinale evoca come «la solitudine del presidente della Repubblica». Una condizione tanto più scontata e scomoda quando c’è da promulgare una legge e il capo dello Stato si trova a subire contrapposte pressioni politiche perché conceda, o non conceda, la firma di ratifica. Sono i casi in cui l’inquilino del Colle si chiude in se stesso, e decide rispondendo solo alla propria coscienza di garante della nostra Magna Charta. A costo di esporsi a critiche brucianti e crearsi tenaci inimicizie. Stavolta, poi, i pretesi nodi d’incostituzionalità sull’Italicum erano un falso dilemma, per Sergio Mattarella. Attraverso le analisi incrociate fra i suoi consiglieri giuridici e i loro interfaccia in Parlamento e a Palazzo Chigi, sapeva da settimane che la nuova legge elettorale non aveva vizi tali da fargli trattenere la mano. Per cui ha sentito di poterla avallare senza perdere inutilmente tempo alimentando aspettative sbagliate. E ha firmato «con la serenità di chi è consapevole di aver rispettato alla lettera le proprie prerogative e non vuole entrare nelle diatribe politiche» della quale parla lo staff. Infatti, il sistema di voto che sostituirà quel «relitto» normativo del quale provvisoriamente il Paese disponeva, rispetta con coerenza le indicazioni segnalate dalla Consulta (di cui Mattarella era giudice fino a tre mesi fa) al momento della clamorosa, e non inattesa, bocciatura del Porcellum, nel 2014. In primo luogo che fosse fissata una soglia minima per far scattare il premio di maggioranza, e questo c’è. E in secondo luogo la composizione delle liste, «corte» e combinate con un certo numero di preferenze, in modo che i cittadini possano scegliere tra i candidati, e pure entrambi questi elementi ci sono (come del resto c’erano nel vecchio Mattarellum). Dunque, «nessun punto dolente» e nessuna incompatibilità manifesta tali da creargli dubbi. Di più: il presidente ha verificato anche la rispondenza dell’Italicum con quello che viene definito «patrimonio costituzionale europeo» in materia elettorale. Una base di principi che, per inciso, non va per forza intesa alla stregua di un vangelo: basta pensare che Bruxelles aveva ritenuto «coerente» perfino il ripudiato Porcellum. Certo, resta responsabilità del Parlamento completare la riforma costituzionale sul fronte del bicameralismo. Una tappa che fatalmente s’intreccia con quella delle regole per il voto, e lo dimostra la questione della cosiddetta clausola di salvaguardia.