Berlusconi vuole un tavolo con gli alleati
Il restyling di Forza Italia dopo il voto
Qualcosa farà, perché dopo aver spinto i suoi — primo fra tutti Giovanni Toti — a giocare partite durissime, un appoggio lo deve. E dunque Silvio Berlusconi conferma le sue prime uscite a sostegno dei candidati alle Regionali — sabato sarà a Genova, la prossima settimana in Puglia, più avanti a Napoli —, ma resta convinto che i giochi veri si faranno dal 2 giugno, a risultati elettorali consumati. Non c’è ottimismo in casa azzurra: in Campania le cose non vanno come si sperava, Caldoro soffre contro De Luca e i movimenti di truppe locali fanno immaginare una bilancia che si sposta a favore del candidato pd. In Liguria, il massimo è già stato quasi raggiunto: è l’unica regione dove il centrodestra si presenta compatto, vincere è arduo ma ben figurare è possibile. In Veneto si respira un clima più tranquillo, anche se non ci si attende un plebiscito per Zaia. Nelle altre regioni, si valuterà la tenuta dei singoli partiti e il senso di alleanze disomogenee. Quelle alleanze che Berlusconi non vorrebbe più vedere, convinto com’è che l’unica strada per il centrodestra sia convergere in un grande contenitore elettorale che si ispiri al partito repubblicano americano: «Bisogna convincere gli elettori a votare un unico grande partito, per compiere quella rivoluzione liberale che gli alleati non mi hanno permesso di fare», ha ribadito ai candidati pugliesi che ha ricevuto a Palazzo Grazioli. Programma ambizioso, ma nel quale l’ex premier crede davvero. La «rivoluzione» dovrebbe essere graduale, per l’immediato dopo voto Berlusconi parla di un necessario «restyling» profondo di FI al quale sta lavorando ma tutto da capire nei particolari e nelle dimensioni. Ma contestualmente vuole chiamare ad un «tavolo» tutte le forze del centrodestra, per costruire assieme il percorso che dovrebbe portare a dare regole, programma e leadership al rassemblement da lui immaginato.
Peccato però che, per ora, fra gli alleati nessuno pensi di sedersi a quel tavolo. Il clima da campagna elettorale certo non aiuta, ma i no pronunciati ieri da Salvini per primo («Mai un listone con Forza Italia»), dalla Meloni, dai centristi mostrano
Palazzo Grazioli Silvio Berlusconi ieri ha incontrato i candidati delle liste in Puglia quanto sia in salita la strada. E quanto accelerazioni o frenate dipendano anche dal voto delle regionali e da come ne usciranno i singoli partiti. Che peraltro continuano a rimanere divisi al proprio interno. In FI non solo Fitto torna all’attacco, perché il vero partito repubblicano si fonda «sulle primarie e la leadership contendibile», ma anche fra gli stessi «rinnovatori» che invocano facce nuove è già scontro: ieri Cattaneo ha criticato il neo responsabile Enti locali Fiori per aver invitato al suo convegno di Perugia del fine settimana esponenti di partito storici (Gasparri, Tajani) e non «amministratori locali» . Stasera Berlusconi incontrerà i giovani di Azzurra Libertà: pare il momento giusto per dare qualche indicazione di rotta al suo partito in ansia.
Le tappe
Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ha deciso di impegnarsi personalmente nella campagna elettorale per le Regionali che si terranno il 31 maggio
Sabato sarà a Genova per sostenere il candidato governatore del centrodestra Giovanni Toti, mentre il 13 e 14 maggio è atteso in Puglia per lanciare Adriana Poli Bortone
Infine, il 16 e 17 maggio sarà in Campania per dare il suo appoggio al governatore uscente del centrodestra Stefano Caldoro
Ricostruire un grande partito del centrodestra, un luogo di aggregazione dei moderati italiani? «Questa potrebbe essere, in teoria, un’eccellente occasione. Ma occorrerebbe un lavoro lungo, attento, paziente. Soprattutto bisognerebbe risolvere il problema della destra: cosa vuole, questa destra italiana? È stata a lungo illusa da Silvio Berlusconi, salvo poi scoprire che sotto il doppiopetto non c’era nulla...».
Il politologo Piero Ignazi da anni studia ciò che avviene nella destra italiana (a partire dal 1994 col famoso saggio edito da Il Mulino «Postfascisti? La trasformazione del Movimento sociale in Alleanza nazionale») E oggi segue, con un certo scetticismo, le dichiarazioni di chi vorrebbe (anche sotto l’effetto dell’ Italicum) ricompattare il centrodestra con una nuova formazione. Per esempio nel Partito repubblicano evocato proprio da Berlusconi. Qui Ignazi è molto chiaro: «Due considerazioni. La prima: Berlusconi non ha alcuna possibilità di riprendere la leadership perduta, impossibile che abbia un ruolo davvero primario, la sua parabola politica è conclusa. La seconda: anche i sistemi elettorali precedenti, mi riferisco al Mattarellum e al Porcellum, erano stati pensati per favorire le coalizioni coese e contrapposte. Ma gli obiettivi che si prefiggono taluni ingegneri costituzionali non tengono conto della cultura politica italiana e dei veri comportamenti degli attori sulla nostra scena...».
Ignazi in sostanza sostiene di «non essere affatto certo» che nasca un nuovo, unico interlocutore politico del centrodestra. E, per contrappasso, non è «affatto certo che il Pd rimanga ciò che è, se vincesse le prossime elezioni». In che senso? «Avviene spesso che, in mancanza di un interlocutore e quindi di un avversario, le dinamiche tra partiti trovino spazio all’interno di una stessa formazione. Nel Pd vincitore, una componente potrebbe costituirsi come corrente interna e porre condizioni, anche con un gruzzolo di deputati. I timori di una svolta autoritaria con l’Italicum? Gli anticorpi ci sono tutti. Si dicono tante sciocchezze...».
Timori sulla Campania Il leader da sabato sarà in campo a fianco dei candidati azzurri Preoccupa la Campania
Piero Ignazi, 64 anni, politologo e accademico