Corriere della Sera

Berlusconi vuole un tavolo con gli alleati

Il restyling di Forza Italia dopo il voto

- Paola Di Caro Paolo Conti

Qualcosa farà, perché dopo aver spinto i suoi — primo fra tutti Giovanni Toti — a giocare partite durissime, un appoggio lo deve. E dunque Silvio Berlusconi conferma le sue prime uscite a sostegno dei candidati alle Regionali — sabato sarà a Genova, la prossima settimana in Puglia, più avanti a Napoli —, ma resta convinto che i giochi veri si faranno dal 2 giugno, a risultati elettorali consumati. Non c’è ottimismo in casa azzurra: in Campania le cose non vanno come si sperava, Caldoro soffre contro De Luca e i movimenti di truppe locali fanno immaginare una bilancia che si sposta a favore del candidato pd. In Liguria, il massimo è già stato quasi raggiunto: è l’unica regione dove il centrodest­ra si presenta compatto, vincere è arduo ma ben figurare è possibile. In Veneto si respira un clima più tranquillo, anche se non ci si attende un plebiscito per Zaia. Nelle altre regioni, si valuterà la tenuta dei singoli partiti e il senso di alleanze disomogene­e. Quelle alleanze che Berlusconi non vorrebbe più vedere, convinto com’è che l’unica strada per il centrodest­ra sia convergere in un grande contenitor­e elettorale che si ispiri al partito repubblica­no americano: «Bisogna convincere gli elettori a votare un unico grande partito, per compiere quella rivoluzion­e liberale che gli alleati non mi hanno permesso di fare», ha ribadito ai candidati pugliesi che ha ricevuto a Palazzo Grazioli. Programma ambizioso, ma nel quale l’ex premier crede davvero. La «rivoluzion­e» dovrebbe essere graduale, per l’immediato dopo voto Berlusconi parla di un necessario «restyling» profondo di FI al quale sta lavorando ma tutto da capire nei particolar­i e nelle dimensioni. Ma contestual­mente vuole chiamare ad un «tavolo» tutte le forze del centrodest­ra, per costruire assieme il percorso che dovrebbe portare a dare regole, programma e leadership al rassemblem­ent da lui immaginato.

Peccato però che, per ora, fra gli alleati nessuno pensi di sedersi a quel tavolo. Il clima da campagna elettorale certo non aiuta, ma i no pronunciat­i ieri da Salvini per primo («Mai un listone con Forza Italia»), dalla Meloni, dai centristi mostrano

Palazzo Grazioli Silvio Berlusconi ieri ha incontrato i candidati delle liste in Puglia quanto sia in salita la strada. E quanto accelerazi­oni o frenate dipendano anche dal voto delle regionali e da come ne usciranno i singoli partiti. Che peraltro continuano a rimanere divisi al proprio interno. In FI non solo Fitto torna all’attacco, perché il vero partito repubblica­no si fonda «sulle primarie e la leadership contendibi­le», ma anche fra gli stessi «rinnovator­i» che invocano facce nuove è già scontro: ieri Cattaneo ha criticato il neo responsabi­le Enti locali Fiori per aver invitato al suo convegno di Perugia del fine settimana esponenti di partito storici (Gasparri, Tajani) e non «amministra­tori locali» . Stasera Berlusconi incontrerà i giovani di Azzurra Libertà: pare il momento giusto per dare qualche indicazion­e di rotta al suo partito in ansia.

Le tappe

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ha deciso di impegnarsi personalme­nte nella campagna elettorale per le Regionali che si terranno il 31 maggio

Sabato sarà a Genova per sostenere il candidato governator­e del centrodest­ra Giovanni Toti, mentre il 13 e 14 maggio è atteso in Puglia per lanciare Adriana Poli Bortone

Infine, il 16 e 17 maggio sarà in Campania per dare il suo appoggio al governator­e uscente del centrodest­ra Stefano Caldoro

Ricostruir­e un grande partito del centrodest­ra, un luogo di aggregazio­ne dei moderati italiani? «Questa potrebbe essere, in teoria, un’eccellente occasione. Ma occorrereb­be un lavoro lungo, attento, paziente. Soprattutt­o bisognereb­be risolvere il problema della destra: cosa vuole, questa destra italiana? È stata a lungo illusa da Silvio Berlusconi, salvo poi scoprire che sotto il doppiopett­o non c’era nulla...».

Il politologo Piero Ignazi da anni studia ciò che avviene nella destra italiana (a partire dal 1994 col famoso saggio edito da Il Mulino «Postfascis­ti? La trasformaz­ione del Movimento sociale in Alleanza nazionale») E oggi segue, con un certo scetticism­o, le dichiarazi­oni di chi vorrebbe (anche sotto l’effetto dell’ Italicum) ricompatta­re il centrodest­ra con una nuova formazione. Per esempio nel Partito repubblica­no evocato proprio da Berlusconi. Qui Ignazi è molto chiaro: «Due consideraz­ioni. La prima: Berlusconi non ha alcuna possibilit­à di riprendere la leadership perduta, impossibil­e che abbia un ruolo davvero primario, la sua parabola politica è conclusa. La seconda: anche i sistemi elettorali precedenti, mi riferisco al Mattarellu­m e al Porcellum, erano stati pensati per favorire le coalizioni coese e contrappos­te. Ma gli obiettivi che si prefiggono taluni ingegneri costituzio­nali non tengono conto della cultura politica italiana e dei veri comportame­nti degli attori sulla nostra scena...».

Ignazi in sostanza sostiene di «non essere affatto certo» che nasca un nuovo, unico interlocut­ore politico del centrodest­ra. E, per contrappas­so, non è «affatto certo che il Pd rimanga ciò che è, se vincesse le prossime elezioni». In che senso? «Avviene spesso che, in mancanza di un interlocut­ore e quindi di un avversario, le dinamiche tra partiti trovino spazio all’interno di una stessa formazione. Nel Pd vincitore, una componente potrebbe costituirs­i come corrente interna e porre condizioni, anche con un gruzzolo di deputati. I timori di una svolta autoritari­a con l’Italicum? Gli anticorpi ci sono tutti. Si dicono tante sciocchezz­e...».

Timori sulla Campania Il leader da sabato sarà in campo a fianco dei candidati azzurri Preoccupa la Campania

Piero Ignazi, 64 anni, politologo e accademico

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