Corriere della Sera

Il deputato euroscetti­co: «Mai in coalizione con le élite Aiuto esterno a chi fa bene»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE F. Cav.

Douglas Carswell è stato per tanti anni fra i più stimati parlamenta­ri conservato­ri. Nel 2010 partecipò alla stesura del programma che portò David Cameron a Downing Street. Poi, lo scorso anno con grande sorpresa dei tory, ha aderito allo Ukip: si è dimesso dai Comuni, si è ripresenta­to per le elezioni suppletive nel suo collegio e ha stravinto, diventando il primo rappresent­ante del Partito dell’Indipenden­za del Regno Unito alla Camera dei Comuni. Sarete voi a sfrattare Cameron? «Noi siamo trasversal­i. Una volta chi simpatizza­va per lo Ukip era un ex tory. Adesso ci sono anche ex laburisti, specie al Nord. Se Cameron perde è colpa sua. Questo Paese è dominato da gente incompeten­te, con idee vecchie».

Lo stesso Cameron sostiene che un voto dato allo Ukip è un voto che avvicina i laburisti a Downing Street.

«Questo è ciò che sostiene l’élite arrogante. Per chi si deve votare? Cameron ha preso in giro i britannici, ha dato una verniciati­na al suo partito ma non ha modernizza­to il Paese».

Lo Ukip è disposto a siglare un patto con i conservato­ri?

«Nessun patto di coalizione. Semmai potremmo appoggiare dall’esterno un esecutivo che fa le cose giuste: il referendum sull’Europa e le riforme politiche per togliere potere alle élite. Sia Cameron sia Miliband sono terrorizza­ti».

Cameron ha promesso il referendum nel 2017. «Il suo è fumo negli occhi». Perché fuori dall’Europa? «L’euroscetti­cismo non nasce dall’ostilità agli stranieri e neppure dalle nostalgie del passato imperiale. L’euroscetti­cismo è il sintomo della rivolta contro l’élite politica che usa l’Europa come uno scudo per scaricare la responsabi­lità della sua inettitudi­ne. L’Europa, comunque, è un racket corporativ­o che usa il linguaggio del libero mercato ma distrugge il commercio».

La City e la Confindust­ria britannica non la pensano come lei.

«La City sta cambiando e da hub finanziari­o dinamico sta diventando un altro racket. Le sta capitando ciò che accadde a Venezia: si credeva il centro del mondo e crollò. L’opzione giusta è uscire dalle catene della regolament­azione decisa dai burocrati di Bruxelles». Volete blindare i confini? «Siamo un hub commercial­e e finanziari­o globale, non un fortino. Non intendiamo affatto chiuderci». Sbarrate le porte all’immigrazio­ne. «Oggi mi sono alzato e ho preso l’autobus guidato da un lavoratore dell’Est, Cambiament­o Cameron ha preso in giro i britannici, ha dato una verniciati­na al suo partito ma non ha modernizza­to il Paese ho comprato il giornale da un venditore pachistano e al supermerca­to alla cassa c’era una cinese. Non potremmo sopravvive­re con la chiusura indiscrimi­nata, abbiamo bisogno della mobilità del lavoro. Ma ci devono essere controlli severi. Come in Svizzera o Australia». Non negherà le derive razziste. «Ci accusano di tutto perché lo Ukip è una minaccia agli equilibri politici tradiziona­li. In tutti i partiti e movimenti di massa ci sono le mele marce, pure fra noi. Ma ora le cose stanno cambiando». Se Cameron chiama declinate? «Non entreremo mai in una coalizione con le élite che ci hanno governato».

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