SULLE REGIONALI INCOMBE IL FATTORE A
smaltire queste ipertrofiche istituzioni partorite dalla riforma della Costituzione del 2001 ne hanno ancora tanto, a cominciare da una sanità che, divisa in venti sistemi e altrettanti potentati, ha vanificato il diritto alla salute di molti italiani.
E infatti la sua prima idea di «controriforma» del Titolo V della Costituzione (quello che si occupa delle autonomie) proprio sulle Regioni si appuntava. Poi il segretario Renzi, pressato dai notabili locali del Partito democratico, è prevalso sul presidente Renzi: e nel mirino sono finite le Province, meno fondamentali nell’architettura istituzionale ma pure meno dannose e meno costose. La questione regionale tuttavia è lì, e rischia di diventare piombo nelle ali di chi si propone di cambiare verso al Paese. Aggravata dal terribile mercato delle anime di cui ogni giorno, all’approssimarsi del voto, le cronache locali ci danno qualche saggio, con cambi di casacca e di schieramento quasi sempre estranei a ragioni politiche o ideali.
In Puglia il berlusconismo si disfa in faide locali incomprensibili ai più. In Campania al candidato del Pd De Luca, dato per vincente ma anche per sospeso in caso di vittoria (a causa della legge Severino), si vanno agganciando segmenti della corrente forzista di Nicola Cosentino (tuttora in carcere per l’accusa di legami con la camorra) e di una destra nostalgica del fascismo. In Liguria pesa sulla sinistra lo strappo doloroso di Cofferati. In Veneto, sulla Lega, il divorzio fra Zaia e Tosi officiato da Salvini. Nelle Marche il governatore uscente, Spacca, si ricandida passando dal Pd a Forza Italia. E questi sono solo i casi più clamorosi, sotto i quali s’intuisce la palude: è davvero difficile orientarsi per gli elettori. Il disorientamento potrebbe ingigantire ulteriormente la diserzione dalle urne. Producendo infine un effetto politico rilevante dopo il 31 maggio. Quando Renzi si troverà a difendere nella calura estiva la sua riforma del Senato, dovrà sostenere anche e soprattutto la figura dei nuovi senatori: pescati proprio tra i consiglieri regionali. Un’ulteriore bocciatura di quei consiglieri, sancita dall’astensionismo, metterebbe in salita il sentiero già accidentato della riforma istituzionale e in pericolo l’intero cronoprogramma del renzismo. Gli ammaccati oppositori del segretario-presidente potrebbero trovare infine nel fattore A quel collante di cui al momento appaiono privi.
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