Corriere della Sera

L’Europa rilancia sulla tutela dei marchi

La Ue propone di scongelare in parte il pacchetto «Made in» sull’origine dei prodotti importati Tajani: puntiamo su tessile, calzature e ceramiche. La decisione dei ministri attesa a fine mese

- DAL NOSTRO INVIATO Ivo Caizzi

Si riapre la possibilit­à di tutelare le produzioni italiane nell’ambito della nuova regolament­azione Ue sulla sicurezza dei prodotti, ma limitatame­nte ad alcuni settori. Nella riunione settimanal­e della Commission­e europea il progetto noto come “Made in”, sostenuto dall’Italia per frenare l’avanzata delle importazio­ni da Paesi extracomun­itari, ha evitato l’affossamen­to voluto da vari Stati membri del Nord Europa, che hanno interessi minori nelle manifattur­e nazionali o delocalizz­ato molto fuori dall’Ue. La Commission­e europea ha di fatto recepito uno studio tecnico sui costi e ha deciso di proporre al Consiglio dei ministri Ue della Competitiv­ità del 28 maggio prossimo di limitare l’obbligo di indicare la provenienz­a dei prodott i a d a l c u n i s e t t o r i . Il commissari­o per l’Industria, la polacca Elzbieta Bienkowska, durante un’audizione al Parlamento Ue, ha commentato la decisione sul pacchetto per la sicurezza delle merci affermando: «Vedo la luce in fondo al tunnel».

Secondo la Commission­e di Bruxelles la documentaz­ione acquisita avrebbe dimostrato che «il rapporto costi-benefici dell’indicare l’origine nell’etichettat­ura è condiziona­to da numerosi fattori come l’interesse dei consumator­i nell’origine dei prodotti, l’attuale sistema delle etichettat­ure, il tipo di merci e la complessit­à della catena di distribuzi­one, gli obblighi di etichettat­ura nei Paesi extra Ue, l’importanza dei marchi». Lo studio stabilisce così che indicare l’origine dei prodotti nell’etichetta può produrre «un impatto complessiv­o positivo in settori come le calzature o le ceramiche, mentre avrebbe conseguenz­e negative per giocattoli, prodotti elettronic­i o elettrodom­estici». La proposta di settoriali­zzare l’applicazio­ne della normativa avrebbe convinto il commissari­o Ue tedesco Gunter Oettinger a ritirare la sua riserva indebolend­o l’opposizion­e della decina di Paesi contrari.

La Confindust­ria, che sostiene il progetto Made In da vari anni, vorrebbe far aggiungere nella lista dei settori — oltre alle calzature e alle ceramiche — il tessile, il legno-arredament­o e l’oreficeria. «Sarebbe comunque un successo, soprattutt­o per le piccole e medie imprese, se il Made in passasse in tre settori importanti per l’Italia come calzature, tessile e ceramiche», afferma il vicepresid­ente dell’Europarlam­ento Antonio Tajani di Forza Italia, che da commissari­o Ue per l’Industria si impegnò, insieme alla Confindust­ria, per far introdurre l’obbligo di indicare l’origine delle produzioni.

L’Europarlam­ento, su pressione di eurodeputa­ti italiani e francesi, ha costruito una maggioranz­a favorevole al Made in e si è espresso positivame­nte. L’opposizion­e si registra nel Consiglio dei 28 governi. E’ composta, oltre alla Germania, da 10 Paesi membri (tra cui Olanda, Regno Unito, Danimarca e Svezia), che sono riusciti a frenare l’azione dei 16 Stati disponibil­i all’approvazio­ne contestand­o l’articolo 7 della nuova normativa sulla sicurezza dei prodotti. Hanno richiesto il rapporto sull’aggravio dei costi, accettato l’anno scorso dalla presidenza italiana di turno dell’Ue, riuscendo a far slittare ulteriorme­nte i tempi. Ma anche nelle associazio­ni dei consumator­i emergono pareri diversific­ati. Da un lato si considera negativo frenare le importazio­ni di prodotti extracomun­itari a costo più basso rispetto a quelli europei. Dall’altro c’è l’utilità per i consumator­i di poter scegliere sapendo che una merce — apparentem­ente tedesca, danese o britannica — in realtà è importata dalla Cina o dall’India.

I giocattoli Per Bruxelles indicare l’origine dei prodotti nel caso dei giocattoli avrebbe effetti negativi Consiglio All’interno del Consiglio europeo una decina di Paesi si oppongono alle norme sul Made in

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