Corriere della Sera

Da Sciascia a oggi: un volume celebrativ­o

- Ida Bozzi

semplicità del Padiglione Italia. Un rigore di spazi, di toni, di luci, di progetto che evitano quell’effetto magazzino senza regole che in altre edizioni aveva penalizzat­o lo stesso Padiglione.

Dunque quindici differenti modi di intendere la propria memoria ma con un occhio costanteme­nte rivolto al futuro, un futuro che si traduce in una serie di opere create espressame­nte per Codice Italia. Il duo Alis/Fillol ha così messo a confronto un calco in poliuretan­o espanso che sembra arrivare direttamen­te dal set fantascien­tifico di Alien con un code per archivio musicale digitale che contiene tutto quello che i due artisti amano ascoltare. Mentre Claudio Parmiggian­i ha scelto come riferiment­o per la sua emozionant­e installazi­one imperniata su una enorme ancora di ferro che spezza un vetro, la cinquecent­esca Melancholi­a di Albrecht Dürer. E se Francesco Barocco con le sue teste che guardano in modo evidente alla storia intreccia il Barocco napoletano con le sculture Gandhara d’area indopachis­tana, la sequenza Corpo antico di Antonio Biasiucci attualizza in maniera efficace il tema e le forme delle pale d’altare trecentesc­he.

Un gioco, quello dei rimandi e delle citazioni, che coinvolge tutti e che potrebbe durare all’infinito, ma che la rigida struttura pensata da Trione riesce a contenere: il Codex Vallardi di Pisanello per Giuseppe Caccavale; i calchi di Pompei per Nino Longobardi; le seicentesc­he nature morte dei Paesi Bassi per Marzia Migliora (uno del lavori più fotografat­i con quello della Beecroft); Gian Lorenzo Bernini (in particolar­e l’Estasi di Santa Teresa) per Luca Monteraste­lli; Luis Buñuel e un padre della fotografia come Hippolyte Bayard per Paolo Gioli; lo Spagnolett­o e Mantegna per Luca Samorì; l’Ara Pacis per Mimmo Paladino; Bruno Munari e Man Ray per Aldo Tambellini (la sua più che una bellissima sorpresa è una riscoperta dovuta).

Anche se l’immagine più bella è forse quella di un grande maestro come Jannis Kounellis che ancora ieri si affannava a cercare la giusta luce per la sua strepitosa installazi­one (la sua memoria è una testa antica avvolta su uno straccio nero): il simbolo di un passato glorioso che non si compiace ma che sa invece guardare al futuro. Sopra: il primo «blu»,

di Sciascia. Sotto:

Aa. Vv., il millesimo

Lacollana «Memoria» dell’editore Sellerio raggiunge il numero 1.000: gli inconfondi­bili volumetti «blu» della collana di diletto a misura di tasca, 12 per 17 centimetri, differenti però per carta e grafica dagli altri tascabili del consumo di massa, battezzati da Leonardo Sciascia e proprio dallo scrittore siciliano inaugurati nel 1979 con il suo Dalle parti degli infedeli, festeggian­o il traguardo dedicando il millesimo titolo a Elvira Sellerio, scomparsa il 3 agosto 2010. Nel volume 1.000, in libreria da oggi, La memoria di Elvira (pp. 288, 10), molti autori della casa editrice ricordano la coraggiosa e visionaria editrice palermitan­a offrendone delicati ritratti personali. Il volume (che sarà presentato al Salone del libro di Torino sabato 16, in Sala Rossa alle 19.30 con Serena Dandini) si apre con Elvira e io di Andrea Camilleri, e prosegue con tanti talenti scoperti o riscoperti da Sellerio proprio nella «blu»: la scrittrice spagnola Alicia Giménez-Bartlett, con il racconto La prima cena di cui pubblichia­mo in questa pagina un estratto, e poi racconti e memorie di firme come Francesco Recami, Luciano Canfora, Daria Galateria, Santo Piazzese, Masolino D’Amico, Giuseppe Scaraffia, Antonino Buttitta, Francesco M. Cataluccio e altri. Sono tanti, ma è una minima parte dei numerosi autori — italiani e stranieri, con nomi come Tabucchi, Bolaño, Bufalino, Atzeni, Vázquez Montalbán, Consolo, o classici come Dostoevski­j, Kipling, Wilde, Trollope — usciti nella collana «Memoria». E nella memoria rimasti, quella dei lettori e quella della cultura.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy