Corriere della Sera

LA POETESSA DELLE FOLLE IN UNA MOLTITUDIN­E SENZA IDENTITÀ L’ESERCITO DI MAGDALENA

La celebre artista polacca espone per la a San Giorgio Maggiore di l’installazi­one «Crowd and Individual», prive di testa in cammino verso un’entità a quattro zampe SOLI ABAKANOWIC­Z

- Rscorranes­e@corriere.it

questo suggestivo «teatro della partenza infinita» come una metafora dell’evasione da un regime politico asfittico.

No, nelle forme artistiche dell’Europa orientale la folla dipinge grandi affreschi universali. Le lunghissim­e file per il pane razionato negli anni più bui dell’economia sovietica; le folle adoranti e rigorose come un’architettu­ra che inneggiano al caro leader in Nord Corea; la massa informe dei deportati nei campi di lavoro. Tutto torna nelle suggestion­i di Abakanowic­z, ma non solo: si ritrovano, per esempio, nelle moltitudin­i di volti scavati o mutilati del siberiano Evgeny Antufiev; nelle installazi­oni di oggetti inanimati fitte e soffocanti dell’uzbeko Vyacheslav Akhunov.

Erede di una ricca famiglia di possidenti terrieri, Abakanowic­z cresce sentendo i racconti dei suoi, i quali vennero spogliati di tutti gli averi e costretti a lasciare la propria casa in fuga, portandosi dietro solo gli abiti. Nelle testimonia­nze dell’artista tornano spesso alcuni termini come moltitudis­ta

L’insofferen­za Nata e cresciuta in condizioni difficili, si è ribellata ai canoni del realismo socialista

ne, unità, città, povertà. Racconta: «Eravamo circondati da una folla che non sapeva adattarsi a vivere in città con nuove condizioni. Il denaro non aveva grande significat­o». No, questa eco costante di una umanità addensata sulla propria invisibili­tà è un reticolo che si inne- La trama della memoria La polacca Magdalena Abakanowic­z (1930) qui in uno scatto giovanile con una delle sue opere di fibre in grandi opere: Vita e destino di Vasilij Grossman (pubblicato per la prima volta nel 1980) è strutturat­o proprio come una folla di personaggi dalle vite più o meno parallele.

E l’allontanar­si dalle proprie radici torna anche nella Trilogia della città di K. dell’ungherese Agotha Kristof (1935-2011), dove si sente il rimbombo dell’esperienza vissuta dalla scrittrice: la fuga notturna dalla patria invasa dalle truppe dell’Armata rossa. Nota: nel Grande Quaderno, uno dei racconti della Trilogia, la narrazione è tutta in prima persona plurale.

Si capisce meglio allora il lavoro di Abakanowic­z, il titolo dell’installazi­one, che è Folla e individuo, perché in lei il singolo è parte di un grande disegno che permane, un po’ come la sua decisione di non lasciare Varsavia, nonostante sia una delle artiste polacche più conosciute al mondo. «Volevo — dice — mettere a confronto l’uomo con se stesso, con la sua solitudine nella moltitudin­e».

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