E oggi le torri sante di Cracovia sono razzi nel cielo della Storia
Storia indecifrabile della quale riappropriarsi, frammentandola e ricomponendola in una narrazione drammatica talvolta sovraccarica come nelle ricostruzioni di celle per interrogatori e tipografie clandestine, nelle pareti ricoperte di foto e tute operaie, nei caschi gialli appesi al soffitto del nuovo Europejskie Centrum dei cantieri navali di Danzica dove nacque il mito del sindacato che piegò il comunismo, Solidarnosc.
Anni fondamentali, i Settanta e gli Ottanta, per l’elettricità che si respirava, sotto la cappa del regime, in gallerie e club studenteschi tra Varsavia, Poznan e Breslavia. Una fede nella cultura come materia primaria della «nazione» forgiata da secolari persecuzioni; una vibrazione inquieta, fissata nel Teatro della morte di Tadeusz Kantor, che neanche la legge marziale proclamata dal Generale Jaruzelski nel 1981 poté sopprimere e che continuò a bruciare nei circoli Underground fino alla svolta democratica dell’89.
Proprio Kantor è uno dei principali riferimenti — insieme alle tradizioni popolari polacche, alla Pop art americana, alle avanguardie e alla macchina di propaganda sovietica — rielaborati nelle intersezioni di Paulina Olowska che in installazioni e collage accosta epoche, tradisce stili, reinventa materiali, tutto sfiorando con lo sguardo incredulo ed estraneo della marionetta.
Terra d’incroci tra Europa e Vita nuova L’Europejskie Centrum dei cantieri navali di Danzica è un omaggio al mito del sindacato Solidarnosc Oriente slavo, spirito selvaggio e liturgia; di identità complesse, da riadattare a un corpo strattonato e stravolto dallo choc del capitalismo. I corpi femminili fotografati da Marta Deskur, in una rivisitazione laica della Famiglia biblica che fa i conti con la tradizione di Beato Angelico e Piero della Francesca alla ricerca di nuovi codici del sacro. I corpi assenti di Malgorzata Markiewicz che abbandona sul pavimento i suoi abiti all’uncinetto, ricordi, atti d’accusa, richiami. I corpi-totem di Pawel Althamer; quelli contorti, malati, tremanti di Artur Zmijewski e Katarzyna Kozyra.
L’enigma dell’identità è al centro del padiglione della Polonia alla Biennale Arte 2015 dove C.T. Jasper e Joanna Malinowska presentano Halka/ Haiti, riadattamento caraibico dell’opera lirica Halka che fu rappresentata per la prima volta nel 1848 a Vilnius, in pieno fervore nazionalista tra la guerra russo-polacca del 1830-31 e la Rivolta del 1863. A Venezia sarà proiettata la messa in scena realizzata nel villaggio haitiano di Cazale, fondato da soldati polacchi delle legioni napoleoniche mandati a reprimere la ribellione contro i colonizzatori francesi e poi passati con gli insorti. Un’impresa artistica sulle orme di Fitzcarraldo di Werner Herzog. La libertà, il destino, l’immensità della natura, e i sogni degli uomini.