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Caso marò, il governo italiano abbandona la via diplomatica e procede con l’arbitrato internazionale. È una buona soluzione?
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Risposte alle 19 di ieri Caro Faenza, razie per un quadro convincente della situazione africana. I processi e le sanzioni, tuttavia, sono gli strumenti di una diplomazia punitiva e giudiziaria che presenta parecchi inconvenienti. I processi colpiscono spesso personalità politiche con cui molti Stati, in altre circostanze, avevano avuto rapporti di reciproca utilità. Il caso di Saddam Hussein è particolarmente
Gindicativo. Quando combatteva contro l’Iran degli Ayatollah, fra il 1980 e il 1988, il leader iracheno piaceva a quasi tutte le potenze occidentali, allora disposte a chiudere un occhio sul modo in cui il suo governo trattava curdi e sciiti. Una società in cui i vincitori processano i vinti e perdonano i reati dei loro alleati mi sembra cinicamente e ipocritamente partigiana.
Le sanzioni sono una formula apparentemente incruenta, ma producono altri inconvenienti. In primo luogo, come lei suggerisce nella sua lettera, colpiscono soprattutto le fasce sociali più deboli. In secondo luogo creano l’economia delle sanzioni, un vivaio in cui crescono le male piante del mercato nero, del traffico di valuta, delle frodi bancarie e beninteso della criminalità organizzata. Non è necessario andare troppo indietro nel tempo per ricordare quello che accadde in Iraq durante le sanzioni degli anni Novanta e in Serbia all’epoca della presidenza di Slobodan Milosevic.
Un’ultima considerazione. Con le sanzioni i governi che le adottano si propongono generalmente un duplice obiettivo. Sperano di indurre il Paese colpito a modificare la sua linea politica, ma non nascondono che vogliono soprattutto incoraggiare la popolazione a sbarazzarsi del suo governo. Era questo lo spirito con cui i neoconservatori americani chiedevano al presidente Obama di inasprire le sanzioni contro l’Iran. Attratti dall’idea che un cambiamento di regime sia miglior modo per sbarazzarsi di un avversario, i falchi dimenticano che il crollo di un regime crea un vuoto politico e istituzionale che verrà riempito, prima o dopo, da terroristi, capitani di ventura e criminali. È accaduto in Libia dopo l’intervento militare del 2011. Potrebbe accadere in parecchi Stati africani. Lei ha ragione quindi, caro Faenza, quando sostiene che il miglior modo per combattere il fenomeno della immigrazione clandestina è quello di aiutare i Paesi da cui gli immigrati provengono a crescere economicamente con il commercio e gli investimenti. Ma occorrono, per realizzare questi obiettivi, interlocutori che non siamo in grado di scegliere.
Dfinale). 1) Non esagerate Non cercate di fare troppe cose insieme. Una visita non può bastare. Expo2015 dura sei mesi, ci si può tranquillamente tornare. Non imitate i turisti che entrano nei musei e non se ne vanno prima d’aver esaurito le sale. Il senso del dovere, in certi casi, è un cattivo consigliere.
2) Non siate troppo seri Dentro Expo c’è pure il kitsch (persino il trash). Il padiglione domopak del Kazakhstan, la banda di Foody, il monoblocco della Regione Lombardia, la scultura (autozoomorfa) della Repubblica Ceca. Sorridete, è primavera!
3)Non dimenticate il senso Anche se alcuni espositori sembrano averlo scordato, il tema di Expo2015 è «nutrire il pianeta». Partite dal Padiglione Zero. Andate a Palazzo Italia a firmare la Carta di Milano.
4) Non scordate un senso Cibo significa odori e profumi: vietato lasciare a casa l’olfatto. Dalla carne argentina alle spezie del Marocco, dai foodtruck Usa ai caffè del mondo. Siate rinonauti: viaggiate col naso.
5) Non abbiate paura del buio Expo è anche prospettive, suggestione, illuminazione. Dalle ore 19 si entra con soli cinque euro. Un prezzo ragionevole per la più spettacolare passeggiata nell’architettura contemporanea sul pianeta.
6) Non portate il pranzo al sacco La varietà gastronomica è davvero strabiliante, ma troppi ristoranti hanno prezzi alti. Non va bene. Non di sole frittelle del Laos (2 euro) vive l’uomo.
7) Non fatevi confondere C’è chi ha messo tanti soldi, ma aveva poche idee. Chi aveva una bella idea, ma non aveva soldi. Qualche Paese ci ha messo una cosa e l’altra. Austria e Regno Unito, per esempio.
8) Non lasciatevi intimidire Expo è una festa mobile in un posto fisso. È il mondo che mostra come vorrebbe essere (e non è). Non siete ospiti, siete parte della rappresentazione. Senza di voi, Expo2015 sarebbe un guscio vuoto.
Per finire: niente auto, niente tacchi, niente tute nere. Queste cose, con Expo2015, non vanno d’accordo.