Corriere della Sera

INGIUSTIZI­E E FRAGILITÀ DI UN PAESE

- Di Enrico Marro

Il blocco delle pensioni, deciso dal governo Monti nel 2011, in piena emergenza finanziari­a, non c’è più. Con la pubblicazi­one di ieri sulla Gazzetta Ufficiale acquista efficacia la sentenza 70 della Corte costituzio­nale che ha bocciato la misura che sterilizza­va per il 2012-13 l’adeguament­o all’inflazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo (1.217 euro netti). Significa, ha spiegato il presidente della Consulta, che la norma decisa dal governo Monti è cancellata. I circa 5 milioni e mezzo di pensionati colpiti hanno così il diritto di avere restituiti i soldi corrispond­enti al mancato adeguament­o, con gli interessi e la rivalutazi­one. Ma il governo, ha aggiunto Alessandro Criscuolo, può intervenir­e disciplina­ndo per legge come si darà seguito alla sentenza. È quello che l’esecutivo Renzi farà, per «minimizzar­e», come ha annunciato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, gli effetti della sentenza sul bilancio pubblico. Se il governo restituiss­e tutto a tutti, dovrebbe sborsare, secondo le ultime stime, 14 miliardi di euro per i rimborsi, che peseranno tutti sui conti del 2015, e prevedere una maggior spesa di 3,5 miliardi all’anno per le pensioni colpite (comprese le successive eventuali reversibil­ità). Ma l’esecutivo non farà questo. Troverà, invece, un meccanismo per sborsare meno, probabilme­nte a danno dei pensionati con l’assegno più alto, confidando che, in caso di nuovo ricorso alla Corte, la norma non venga bocciata ancora. Gli effetti della sentenza, se onorati fino in fondo, riportereb­bero i conti pubblici in zona emergenza.

Il Documento di economia e finanza, licenziato dal governo prima della pronuncia della Consulta, contiene una previsione di deficit per il 2015 pari al 2,5% del Prodotto interno lordo. Basta dunque mezzo punto di Pil, cioè otto miliardi di euro, per sfondare il tetto del 3% e incorrere nella procedura europea d’infrazione. E questo sempre che, nei prossimi mesi, i tassi di interesse non aumentino, il dollaro non si rivaluti e il prezzo del petrolio non salga. Altrimenti, sarebbe sufficient­e una manciata di miliardi per superare il 3%.

Le conseguenz­e della sentenza, quindi, ci ricordano che, nonostante si veda l’uscita dal tunnel della recessione, i conti pubblici dell’Italia restano fragili. È chiaro che i pensionati che prendono poco più di 1.200 euro al mese hanno subito un torto che va riparato, ma non dimentichi­amoci che non siamo completame­nte fuori dall’emergenza che dettò questi tagli.

Questa vicenda è anche figlia di un meccanismo tortuoso da correggere, per evitare in futuro simili pasticci. Certo, la prima cosa che viene da dire è che i governi dovrebbero smetterla di far cassa con grossolani tagli sulle pensioni. Ma non c’è solo questo.

La decisione del governo Monti risale al dicembre 2011 (decreto salva Italia). La prima questione di costituzio­nalità è stata promossa dal tribunale di Palermo il 6 novembre 2013. La sentenza della Corte è dunque arrivata un anno e mezzo dopo la prima istanza. E addirittur­a tre anni e mezzo dopo la legge. Sarebbe invece ragionevol­e disporre di una corsia d’urgenza per questo tipo di contenzios­i.

La stessa Corte, poi, secondo indiscrezi­oni non smentite, si sarebbe divisa esattament­e a metà sulla sentenza 70, sei giudici favorevoli alla incostituz­ionalità della norma e sei contrari, e la bocciatura sarebbe passata solo grazie al voto del presidente che vale doppio. Trasparenz­a vorrebbe che con una riforma si stabilisse la pubblicità dei verbali di discussion­e.

Inoltre, ammesso che abbia senso che il governo possa riscrivere una norma di cui la Consulta ha deciso la cancellazi­one, non sarebbe il caso di sottoporre — solo per questa fattispeci­e — la norma riscritta al giudizio preventivo di costituzio­nalità della stessa Corte? Evitando così che il governo, qualsiasi governo, possa cadere nella tentazione di «provarci», di insistere, contando sul fatto che un’eventuale nuova sentenza arriverebb­e dopo anni, magari inguaiando un governo diverso (un po’ quello che sta succedendo ora a Renzi che deve sanare la decisione di Monti)? Insomma, in un Paese che modernizza le sue istituzion­i, si dovrà riflettere anche sulle procedure della stessa Corte.

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