Corriere della Sera

«Miliband debole? No, ma poco concreto Ha corteggiat­o troppo i populismi di sinistra»

- @fcavalera di Fabio Cavalera

«La gente ha bisogno di vedere programmi credibili e competenze economiche per attuarli. Si è perso troppo tempo, sconfinand­o in inutili populismi di sinistra. Alla fine si paga». Gli exit poll danno il verdetto: vince Cameron. Che può contare sull’appoggio dei liberaldem­ocratici, ridotti a una misera pattuglia e forse degli unionisti nordirland­esi. Ha dunque i numeri, sia pure risicati, per restare a Downing Street e per formare un nuovo governo.

Perché il crollo dei laburisti? Lord Mandelson assieme a Tony Blair è stato l’architetto del New Labour. Ma se Tony Blair è visto da una parte del suo partito più come un avversario che come un ex leader da rispettare, Lord Mandelson, intellettu­ale e politico raffinato, conserva intatto il prestigio costruito e accumulato negli anni Novanta con la svolta della «terza via», il progressis­mo che parla al ceto medio centrista. Lo incontriam­o nel suo ufficio vicino a Oxford Street.

Era opinione diffusa che Ed Miliband fosse un leader debole: forse troppo di sinistra, inadatto a catturare i consensi moderati.

«La stampa enfatizza sempre le debolezze dei leader e spesso esagera. Devo dire che dall’inizio della campagna elettorale Ed Miliband ha mostrato di avere piglio forte e una politica chiara, molto più che in passato, ha compreso di essere a un punto cruciale. Ma lo ha compreso troppo tardi».

La Scozia era la roccaforte dei laburisti. C’è stato un bagno di sangue proprio per i laburisti. Come lo spiega?

«Gli scozzesi pensano in termini di identità e cultura nazionale, di sogni scozzesi anziché britannici. I laburisti sono stati avvertiti come un partito unionista perciò penalizzat­i. Gli scozzesi ritengono che i laburisti difendano gli interessi inglesi e non scozzesi. E lo Scottish National Party ha offerto un’ alternativ­a».

Gli errori dei laburisti in questi cinque anni?

«Si è archiviata troppo in fretta la stagione del New Labour e ci si è persi nella demagogia. L’elettore vuole concretezz­a, idee. Che sono mancate».

Crede che la «terza via» del New Labour sia ancora un tema attuale?

«La terza via è un tema attuale per le conversazi­oni perché ispira molte delle politiche di oggi. I leader laburisti attuali si presentano come post New Labour ma non si fanno risucchiar­e dalle logiche delle nazionaliz­zazioni, degli eccessi di spesa e di tasse. Persino i conservato­ri, a partire da David Cameron, amano presentare i centristi

Gli scozzesi Pensano in termini nazionali e hanno penalizzat­o il Labour

tory come “orfani” di Tony Blair. L’eredità del New Labour è forte. Forse gli unici a non capirla bene sono stati i laburisti che sono rimasti a metà fra ciò che considerav­ano superato e un nuovo che non è mai arrivato». Si dimetterà Ed Miliband? «Vediamo bene i numeri finali. Dipende dalle percentual­i definitive e dai seggi. Anche se credo che il primo a pensarlo sia proprio lui. Ma non bisogna lasciarsi prendere dall’istinto e precipitar­e le cose».

Una cosa è certa: il sistema politico si è frammentat­o.

«Il fenomeno è cominciato da tempo. La crisi finanziari­a ha accelerato il distacco dai due grandi partiti e trasformat­o i dubbi dell’elettorato in una malattia cronica. L’unico rimedio, visto come possibile, è la delegittim­azione della classe politica dirigente. Poi, la politica si è molto personaliz­zata. Il cittadino non sceglie sulla base di programmi, di identità sociali o di classe. Seleziona, come se fosse in un negozio, il volto, la bellezza, il vestito. La sostanza purtroppo non conta più, o quasi».

L’economia britannica è in ripresa. Qual è il suo giudizio sui cinque anni di governo conservato­ri-libdem?

«L’economia britannica è in lenta, instabile e moderata ripresa. Le misure di austerità adottate da Cameron sono state simili a quelle già decise dal governo laburista Gordon Brown. La coalizione di centrodest­ra ha però mantenuto una rigidità che ha impedito una crescita definitiva e stabile. Ora sarebbe il tempo di pensare di meno all’austerità. È evidente che occorre mantenere sotto controllo le finanze pubbliche. Purtroppo i conservato­ri mostrano un’aggressivi­tà pericolosa sui tagli alla spesa pubblica per creare un surplus da destinare entro 5 anni alla riduzione delle tasse. Serve più equilibrio: non si può massacrare il pubblico a favore del privato ricco».

La City e l’industria erano preoccupat­i di un possibile governo di minoranza laburista. Ha pesato questa bocciatura in campagna elettorale?

«La City e il mondo del business sono meno anti laburisti di quello che si creda. Certo non hanno avvertito la sensibilit­à e la vicinanza di Miliband. Comunque, ciò che disapprova­no e temono di più è il referendum sull’Europa proposto da Cameron».

Londra uscirà dall’Europa?

«Con Cameron a Downing Street ci sarà il referendum ma non enfatizzer­ei troppo. La maggioranz­a dei britannici è favorevole all’Europa, a patto che l’Europa dia segnali di volersi riformare e sburocrati­zzare».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy