Corriere della Sera

UN PASSO AVANTI TORMENTATO SUGGERITO ANCHE DAL VOTO

- Di Massimo Franco

Èprobabile che a spingere per il «sì» siano state soprattutt­o preoccupaz­ioni elettorali: faceva paura l’idea di presentars­i al voto regionale di fine maggio senza deliberare la sospension­e dei vitalizi per i parlamenta­ri condannati per alcuni reati gravi. D’altronde, chi si opponeva alla legge accampava come motivazion­e proprio quella che non si può decidere su una questione così delicata poco prima di un’elezione. Ma il fatto che sia passato quasi un anno dalla proposta iniziale avanzata dal presidente del Senato, Pietro Grasso, e molti cambiament­i e rinvii, rende il voto di ieri nel Consiglio di presidenza dei due rami del Parlamento un passo avanti.

Un faticoso passo avanti, perché le resistenze erano e sono trasversal­i e fortissime. Alla Camera la votazione è andata avanti senza intoppi, al Senato c’è stata qualche apprension­e fino all’ultimo. Ma in entrambi i casi, il rifiuto di partecipar­e alla seduta da parte di Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Alleanza popolare, sebbene per motivi diversi, ha avvolto la decisione in una nuvola di veleni. E infatti il «sì» di Pd, Lega, Sel, Sc e FdI è stato seguito da una lunga scia polemica. La nota diffusa ieri sera dal gruppo senatorial­e del Pd che pure ha votato a favore, sembra voler far ricadere la responsabi­lità della decisione su Grasso; e non soltanto nelle sue implicazio­ni positive.

Si intuisce che esistevano ed esistono riserve diffuse sul provvedime­nto. Il M5S di Beppe Grillo si aggrappa alla tesi del «regalo ai politici amici» per giustifica­re il proprio no a quella che definisce «una porcata». E sostiene che la proposta iniziale di Grasso è stata annacquata e stravolta: ridotta a «una porcata», a sentire il vicepresid­ente della Camera, Luigi Di Maio. Eppure, un’associazio­ne antimafia come Libera, che aveva raccolto oltre 500 mila firme, ha salutato insieme al Gruppo Abele il voto con soddisfazi­one: come quel «segnale concreto e forte» sottolinea­to dal presidente del Senato. E infatti, FI e Ap si sono dichiarate contrarie e hanno disertato la riunione, oppure non hanno votato, contestand­o la delibera, alla quale avrebbero preferito una legge; e lasciando capire che la ritengono una misura demagogica. Valutazion­i così divergenti si spiegano soprattutt­o con pregiudizi­ali politiche, e non di merito. Un tema così infuocato e «popolare» esalta la ricerca di posizioni distinte e polemiche. E lascia in giro malumori e risentimen­ti.

Non si può escludere che lo scontro sui vitalizi rimbalzi come arma impropria nella campagna per le Regionali, dove sono presenti candidati condannati: a cominciare da quello del Pd in Campania, Vincenzo De Luca. Anche la riapertura del fronte sul conflitto di interessi, annunciata ieri dal ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, può essere gradito alla sinistra del Pd in chiave antiberlus­coniana. Promette, però, di inasprire gli attacchi contro Matteo Renzi e la stessa Boschi, accusati di essere per primi in conflitto di interessi: che sia vero o no, naturalmen­te, è secondario.

I rancori Un testo proposto da Grasso che lascia dietro molti rancori verso il presidente del Senato perfino tra i democratic­i

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