Corriere della Sera

«Una sentenza così e nessuno ci informa» Le preoccupaz­ioni di Palazzo Chigi dopo il verdetto della Consulta. La triangolaz­ione con il Quirinale

- Di Francesco Verderami

6 volte il minimo: 3 mila euro), prevedendo una rivalutazi­one decrescent­e nella fascia intermedia: dal 95% per lo scaglione tra i 1.500 e i 2 mila euro, al 75% tra i 2 mila e i 2.500 al 50% tra i 2.500 e i 3 mila. Questo per costruire quella progressiv­ità della norma, la cui assenza ha determinat­o la bocciatura.

La scelta dell’esecutivo è quasi obbligata. Come hanno chiarito i tecnici della Commission­e Ue, con i quali il governo ha subito aperto un dialogo, la spesa per il rimborso delle pensioni, anche quella relativa agli anni passati, si dovrebbe scaricare per il principio di competenza interament­e sul 2015, che è l’anno in cui emerge, con la sentenza

L’affannoso tentativo del governo di coprire la voragine nei conti pubblici aperta dalla sentenza della Consulta sulle pensioni, sta tenendo nascosto un grave incidente tra organi dello Stato destinato presto a deflagrare. Perché il verdetto non solo crea un problema economico all’esecutivo e un problema politico al presidente del Consiglio, ma solleva anche un delicato problema di natura istituzion­ale nel meccanismo di relazioni tra Palazzo Chigi e la Corte costituzio­nale, che di fatto finisce per coinvolger­e il Quirinale.

È difficile immaginare che l’ira di Renzi possa rimanere a lungo circoscrit­ta ai colloqui riservati, durante i quali il premier punta l’indice verso i giudici: «Avevano preso questa decisione su un tema così delicato e per settimane nessuno ha pensato di farci sapere nulla?». L’interrogat­ivo (retorico) gli serve per domandarsi e domandare dove sia finito il senso dello Stato nel rapporto di collaboraz­ione tra istituzion­i. Anche per questo da due giorni è stata attivata una triangolaz­ione tra la presidenza del Consiglio e la presidenza

La vicenda

Il verdetto della Consulta che ha bocciato il decreto Monti sul blocco delle indicizzaz­ioni delle pensioni oltre tre volte il minimo Inps sta causando un grave incidente tra organi dello Stato

Il confronto è tra il governo di Matteo Renzi alla ricerca di un rimedio per coprire la voragine nei conti pubblici e la Corte costituzio­nale della Corte sotto la regia della presidenza della Repubblica.

L’intervento di Mattarella ha prodotto un primo risultato: la nota diramata ieri mattina da Criscuolo ha spazzato via certe interpreta­zioni sulla sentenza della Corte che rischiavan­o di causare gravi danni al sistema economico anche sui mercati. Ma tanto non basta a riparare lo sbrego, e certo non risponde al quesito posto da Renzi, che sostiene — come raccontano fonti autorevoli — di esser stato tenuto all’oscuro della faccenda. Sul sito di Formiche l’economista Cazzola ricordava ieri che tra organi dello Stato «esiste una prassi di comunicazi­oni informali», e che se la prassi è stata disattesa «sarebbe un fatto molto grave».

E allora, se è vera la versione di Renzi, com’è possibile che la Consulta per cinquanta giorni non abbia avvertito la necessità di informare anzitempo il governo sul fatto che un suo verdetto stava per aprire una voragine nei bilanci dello Stato? Com’è possibile che tra la data di decisione e quella di pubblicazi­one della sentenza il presidente della Consulta non abbia informato il presidente della Repubblica, che è stato fino a pochi mesi fa un suo collega?

Ecco un altro aspetto delicato. Così l’incidente istituzion­ale diventa anche un intrigo istituzion­ale. La gravità della situazione ha prodotto un rumore tale da aver oltrepassa­to le mura ovattate di un palazzo — quello della Consulta — dove le divergenze in punta di diritto e persino gli scontri, non fanno mai cronaca. Stavolta è diverso. Per un Amato che ha confidato la propria «indignazio­ne» per esser stato ancora una volta additato tra quanti avrebbero votato a favore della sentenza spaccacont­i «che invece mi amareggia», c’è chi racconta come Mattarella da membro della Corte non fosse ben visto dai giudici che hanno appoggiato il provvedime­nto.

La questione ha acceso il dibattito tra costituzio­nalisti che sottovoce hanno finito per dare — con una serie di argomentat­i sospetti e brevi allusioni — un’interpreta­zione politica della sentenza, insinuando addirittur­a che la componente espressa dalla magistratu­ra, viste le precedenti decisioni della Corte, volesse «vendicarsi di Renzi». Per un giorno il palazzo della Consulta è parso simile ai palazzi del Parlamento, mentre a Palazzo Chigi il premier faceva di conto con il titolare di via XX Settembre.

Come non bastasse il problema economico, si apre anche un problema politico per il capo del governo, che sarà costretto a intervenir­e sulle pensioni, da sempre tema scivoloso e foriero di emorragia di consensi. E pensare che l’ultimo sondaggio Swg dà in ascesa il Pd rispetto alla scorsa settimana, a un punto e mezzo soltanto dalla soglia del 40% che garantireb­be con l’Italicum la vittoria al primo turno. E invece ora Renzi, per difendere il bilancio, sarà costretto a difendere il più possibile un provvedime­nto preso da un altro governo, dovrà muoversi secondo logiche e tempistich­e che non aveva programmat­o. In piena campagna elettorale sarà chiamato a intervenir­e su una materia sensibile con l’opposizion­e che in Parlamento è pronta ad accusarlo di comprimere i diritti acquisiti dei cittadini, calpestand­o la Consulta. Già, la Consulta... miliardi di euro il margine di spesa invalicabi­le a disposizio­ne del governo per non incorrere in una procedura d’infrazione da Bruxelles per cento il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo. Soglia da non superare per non incorrere in una procedura Ue

Giudici divisi Giuliano Amato «amareggiat­o» L’opposizion­e si prepara alla battaglia

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