Il Terminal ridotto in cenere e l’aeroporto diventa un bivacco
Chi impreca e chi gioca a basket. La società: il piano d’emergenza ha funzionato
Le fiamme hanno fuso le pareti. Anche il pavimento, per lunghi tratti, è plastica sciolta e ancora fumante. Il soffitto è venuto giù, in un incastro di lamiere e cavi. I cavi penzolano, ci sono scintille improvvise. Le sedie di un bar sono sedie di carbone. Fuliggine, tanfo di bruciato. Occhi che lacrimano.
Il vigile del fuoco mette la mano di tasca e tira fuori una mascherina bianca. «Infili almeno questa».
Laggiù, la boutique di Burberry. Poi quella di Furla. Nella penombra, s’intravede l’insegna di Bulgari. S’intravedono pure grossi guai per le compagnie di assicurazioni. Passano due agenti con cinque mitra a tracolla, che sono andati a recuperare negli uffici della polizia di frontiera. Un fotografo vorrebbe avvicinarsi alle vetrine di Gucci, ma il vigile del fuoco lo prende per il braccio. «No: adesso, è meglio uscire».
Ordine della Procura di Civitavecchia: sequestrare l’intera area.
Terminal 3, voli internazionali. Un rogo di mille metri quadrati.
Almeno due testimoni raccontano la stessa scena.
Una fiammata dietro al frigorifero di un bar della zona commerciale, subito dopo i varchi di controllo. Poi, un botto sordo. E un altro. E un altro ancora. La luce che va via. Una cameriera molto brava a urlare ai pochi clienti di fuggire via. Orario: mezzanotte era passata da poco.
Questa è l’unica buona notizia del momento. Se il corto circuito — «Anche se è impossibile escludere ufficialmente qualsiasi altra ipotesi, compresa quella del dolo», dice Marco Ghimenti, comandante provinciale dei vigili del fuoco — se il corto si fosse verificato al mattino, con la zona commerciale piena di passeggeri in partenza e in transito, staremmo qui a raccontare un’altra storia.
E invece: 4 intossicati dal fumo (tutti soccorritori, codice giallo all’ospedale Grassi di Ostia, due giorni di riposo) e un dipendente della KLM che, per lo spavento, è svenuto. Fuori cinque ambulanze pronte a partire e barelle già fila sul marciapiede dell’aeroporto, tra le uscite T2 1 T1.
Voli sospesi (anche se sarà inevitabile far atterrare 19 voli intercontinentali, ormai a un’ora da qui). I tubi grigi che scendono dalle autobotti dei vigili del fuoco, cani poliziotto che abbaiano nervosi, tassisti che accendono il motore e vanno via, un pinnacolo nero si alza sullo scalo e finisce nel cielo terso del mattino.
Lo vedono, a distanza di chilometri, migliaia di romani bloccati in auto, dentro code rombanti, improvvise, in un ingorgo gigantesco che blocca la città e fa interrogare su quanto e se sia pronta ad accogliere e superare un evento come il Giubileo (e lasciamo stare la possibilità di un attentato).
Quando chiudono l’autostrada che porta qui, quando interrompono i collegamenti ferroviari, lo scalo è già pieno di passeggeri. Bambini che piangono. Bambini che dormono. Bambini che si rincorrono. Mamme che allattano. Papà che guardano l’impazzimento dei soccorsi e maledicono le vacanze. Arriva la notizia che molti passeggeri, appresa la notizia dell’incendio, stanno dirigendosi alla stazione Termini e allo scalo di Ciampino.
Chi è a Fiumicino, si accampa.
Due ragazzi americani giocano con un pallone da basket. Tre coatti romani in partenza per Santo Domingo si sparano un selfie con una signora in minigonna leopardata e leggero accento polacco. Una coppia di fidanzati francesi smette di sbaciucchiarsi e si prepara un cannone di hashish. Tre suorine filippine recitano il rosario. Una giapponese vomita. Una comitiva di studenti irlandesi compare costeggiando il guard-rail e trascinandosi dietro valigie e trolley («Il conducente del nostro pullman ci ha fatto scendere a 3 chilometri da qui»).
È un mattino caldo, l’aria è dolcissima, ma il profumo del mare è ucciso dall’odore di plastica bruciata che viene fuori dal Terminal 3, un gigantesco forno ormai spento. A mezzogiorno i vigili del fuoco annunciano di aver finito il loro lavoro.
La società Aeroporti di Roma ha buttato giù dal letto 400 dipendenti: stanno distribuendo bottiglie di acqua, rassicurano, il traffico aereo sta per riprendere. Hostess dell’Alitalia informano che tutti i voli della nostra compagnia di bandiera partiranno dal Terminal 1. L’Enac prevede che il primo aereo ad alzarsi possa essere dell’Iberia, destinazione Madrid.
Viene organizzata una conferenza stampa in cui tutti si dicono stanchi ma piuttosto soddisfatti, il piano di emergenza ha funzionato, ha funzionato davvero bene, la situazione è sempre stata sotto controllo, i tempi di intervento sono stati adeguati e però, ecco, anche se loro sono tutti così soddisfatti, proprio non si capisce come da un corto circuito alla centralina elettrica di un bar, possa essere poi divampato un incendio che, per sei ore filate, si è divorato un pezzo di aeroporto.
Le suorine filippine hanno finito il rosario e adesso cantano insieme alla comitiva di studenti irlandesi, due strimpellano con la chitarra e uno, bravissimo, è con l’armonica a bocca.
L’idea che ci siano ancora ragazzi con la passione per l’armonica a bocca rallegra e sorprende.
È una bella immagine, chiudiamo qui.
I vigili del fuoco Impossibile escludere a priori ipotesi sull’origine del fuoco