Corriere della Sera

La fine del Padrino

Arresti di polizia e Fbi tra Calabria e New York con blitz in un ristorante italiano del Queens La prova che è la ‘ndrangheta e non Cosa nostra il principale referente della mafia americana

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scorso andò personalme­nte in Costa Rica per portare 170.000 dollari necessari a sbloccare la partenza di un carico — era candidato del Cdu alle elezioni comunali di Lamezia Terme in programma a fine mese.

Già un anno fa venne fuori, in un’altra operazione della polizia chiamata New Bridge, che esponenti del clan Gambino di New York trafficava­no insieme agli Ursino-Simonetta, operativi sulla costa ionica e che avevano sostituito le cosche siciliane nei rapporti con una delle cinque famiglie mafiose più importanti della metropoli statuniten­se. In seguito s’è saputo di vecchi debiti non onorati tra i Bonanno e alcuni personaggi calabresi, dei quali ancora si questionav­a nel 2013. Adesso spunta l’immigrato Gregorio Gigliotti, accusato di trafficare con la terra d’origine, che coltivereb­be rapporti con i Genovese, altra «grande famiglia» della mafia a stelle e strisce. Informazio­ni confidenzi­ali del Bureau statuniten­se riferiscon­o che un affiliato ai Genovese, Anthony Joseph Romanello, avrebbe finanziato con un prestito a Gigliotti alcune spedizioni di cocaina in Italia; e il figlio di Gregorio, Angelo, sarebbe a sua volta in rapporti stretti con l’underboss dello stesso clan, Anthony Michael Federici.

Ecco perché il procurator­e aggiunto di New York, James Mc Govern, sostiene che «la ‘ndrangheta è una minaccia globale e persistent­e che dobbiamo continuare a contrastar­e». Com’è avvenuto con l’indagine congiunta delle polizie italiana e statuniten­se sui Gigliotti, che attraverso società come la Fresh Farm Produce Export corporatio­n (facilmente giustifica­bile con l’attività di ristorator­e) si occupavano — stando alle imputazion­i — di far arrivare la cocaina dalla Costa Rica agli Usa in carichi di ananas e manioca. A ottobre 2014 ne sono stati sequestrat­i 43 chili nel porto di Wilmington, nella Carolina del Nord, e a dicembre altri 15 a Chester, Pennsylvan­ia. Dagli Usa, parte della droga veniva spedita in Europa, e la polizia è pressoché certa che anche le tre tonnellate di droga scoperte a Rotterdam

Le famiglie

Anni 80 Un’immagine scattata dalla polizia americana ad affiliati della famiglia Bonanno nel Bronx Manhattan L’arresto effettuato nel 2014 da agenti dell’Fbi di un componente del clan Gambino Il locale Il ristorante nel Queens dove ieri è stato arrestato il proprietar­io italiano (Photomasi) nel mese di novembre siano riconducib­ili al cartello smantellat­o ieri.

In una telefonata con Franco Viola, intercetta­ta il 6 febbraio 2015, Gigliotti dice, a proposito dei carichi sequestrat­i: «E qua pure male mi è andata, a me, ora Franco te lo dice... Forget about it ( lascia perdere, ndr) ». Violi risponde che lui non ha saputo niente, e Gigliotti insiste: «È andata male... Che vuoi fare?». Viola chiosa: «E che dobbiamo fare? Almeno c’è la salute». In un’altra Gigliotti chiede a Fazio se ha consegnato

Siciliani sorpassati Non sono più i clan siciliani ad alimentare i grandi cartelli del narcotraff­ico

«tutto l’olio a mio compare», e per gli inquirenti intende la droga. E sempre con Fazio, ma all’interno della sua Mercedes, discute di consegne di denaro e conti che non tornano, finché si lascia andare a riferiment­i poco chiari ma inquietant­i: «A quell’altro, là, Alberto, lo hanno ammazzato». Fazio risponde quasi incredulo: «Me se ne stanno ammazzando ancora per due grammi ogni volta?». Gigliotti ribatte che no, si trattava di un «imbroglio» un po’ più consistent­e: «E se lo sono liquidato».

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Il Padrino,
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