La via dell’America che salva gli avanzi? Potere ai singoli Stati
Nel 2011 gli studenti dell’Università del Maryland, scandalizzati dall’enorme quantità di cibo gettata via dalla mensa del campus, lanciarono la Food Recovery Network, una rete con la quale fin qui hanno recuperato e donato a bisognosi circa 400 tonnellate di prodotti alimentari. E in molte città, a partire dalla New York di Bill de Blasio, crescono i programmi specifici per contenere gli sprechi alimentari, anche perché il cibo gettato via, oltre ad essere un’occasione perduta per alleviare la sofferenza di chi non ha abbastanza, è una minaccia per l’ambiente: finisce nelle discariche e genera metano. Almeno il 7% dei gas serra che riscaldano l’atmosfera proviene dalla decomposizione di sostanze alimentari. Ma tutto quello che si fa negli Stati Uniti per usare le sostanze alimentari in modo più consapevole è nulla rispetto alle dimensioni del problema. Secondo un rapporto del Waste and Resources Action Program, un terzo del cibo prodotto al mondo non viene consumato: 400 miliardi di dollari di derrate alimentari passano dalla produzione alla discarica. L’America è responsabile di più di un terzo di questa distruzione di ricchezza: 60 milioni di tonnellate di cibo gettato via ogni anno per un valore di 162 miliardi di dollari. Le soluzioni? Come sempre negli Usa, Paese federale e con un governo centrale «leggero», gli interventi dipendono dai singoli Stati, dal volontariato (gli attivisti «vegan» nottetempo vanno a recuperare il cibo non scaduto eliminato dai supermercati) e dalla filantropia privata. Il governo federale ha solo un ruolo d’indirizzo: come i suggerimenti per un consumo responsabile trasmessi dall’agenzia ambientale alle famiglie.