Corriere della Sera

La Vigna dell’Impero Così è rinata dopo ottant’anni

Piantata durante l’invasione in Abissinia La nuova vita con un’anima solidale

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Sei anni dopo, nel 1941, caduta l’Addis Abeba su cui era stato issato il tricolore, i soldati britannici liberarono l’Abissinia. Sul trono si sistemò di nuovo l’imperatore Hailé Selassié. E l’Africa Orientale d’Italia scomparve per sempre assieme all’avventura coloniale, i cui danni non sono ancora finiti.

La Vigna dell’Impero e la grande tenuta di 1.500 ettari venne venduta nel Dopoguerra dalle principess­e Margherita e Maria Cristina di Savoia. Pezzo dopo pezzo: prima ad Alberto Michelucci, l’architetto che firmò la stazione fiorentina di Santa Maria Novella, poi ad Alberto Moretti, il padre architetto di Antonio.

«Da quando avevo cinque anni ho vissuto accanto a quella vigna — racconta Moretti — tra i muretti a secco che sembrano sculture». Moretti, perenne abito blu con lo stemma dei Cavalieri di Malta all’occhiello, dopo la laurea in Economia non pensava alla terra. Poi, da ragazzo, vedendo che il Chianti dei Colli aretini e il Colorino dai 50 ettari dell’azienda famigliare veniva venduto sfuso «a produttori che gli mettevano solo l’etichetta», spinse il padre a cambiare: «Babbo, facciamo un po’ di vino di qualità». Intanto con Patrizio Bertelli di Prada aveva lanciato la Carshoe, Passato Una immagine della vigna della tenuta Sette Ponti, a Castiglion Fibocchi: il proprietar­io è Antonio Moretti, ex socio di Prada quella delle scarpe dei piloti da corsa.

Alberto Moretti, era più un appassiona­to di caccia che un lungimiran­te produttore di vino. « Quando si ammalò — spiega Moretti — la mia passionacc­ia per la terra ha prevalso». La nuova vita della Sette Ponti è iniziata negli anni 90. «Mi piacevano Sassicaia e Tignanello, adoravo i grandi rossi francesi che si bevevano quando si andava ad acquistare i purosangue a Deauville, in Normandia. Volevo creare vini miei che assomiglia­ssero a quelli, con vitigni internazio­nali, ma che fossero anche molto toscani».

II botto è arrivato nel 2001 con l’Oregon (Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot), innalzato da Wine Spectator come uno dei 10 migliori vini al mondo. Dalla cantina, a cui collaboran­o l’enologo Carlo Ferrini e il vivaista francese Gilbert Bouvet, escono anche il Chianti docg Vigna di Pallino (dal nome del cantiniere che se ne occupava), il Sangiovese Crogiolo,

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