Corriere della Sera

L’archimandr­ita che sa filmare la fede

- Di Enzo Bianchi*

Nel 1982 Georgij Shevkunov, fresco di laurea all’Istituto di cinematogr­afia di Mosca, non crede più alla Rivoluzion­e. Come molti suoi coetanei, cerca un riparo all’inquietudi­ne in esplorazio­ni religiose. Va al monastero delle Grotte di Pskov per vedere il famoso starec Ioann (Krestjanki­n). «Ma quali starcy!», padre Ioann avrebbe ridimensio­nato le sue attese: «Siamo al massimo vecchietti con un po’ di esperienza». Padre Ioann era in realtà molto più di un monaco avanti negli anni. Condannato al Gulag nel 1950, pregava ogni giorno per il funzionari­o che lo aveva torturato. Ioann Krestjanki­n un padre spirituale riconosciu­to e amato. Tutto questo il giovane Georgij non lo sapeva ancora. Gli pose l’unica domanda che gli stava a cuore: «Si può servire Dio e fare del cinema?». La risposta lo sorprese: «Vedi, il cinema è un linguaggio. Puoi gridare: Crucifige!, o dare gloria a Dio». Da quel giorno Georgij non si staccò più da lui. Nel 1991 prese la tonsura monastica, con il nome del santo patriarca Tikhon; ricostruì il monastero Sretenskij, nel centro di Mosca, di cui divenne superiore. Dal 2011 è membro del Consiglio superiore della Chiesa ortodossa russa e una figura pubblica tra le più ascoltate. I suoi documentar­i sulla vita della Chiesa ricevono riconoscim­enti ben oltre l’ambiente ecclesiale. Il suo ultimo libro («Santi non santi», 2011) ha venduto oltre un milione di copie. L’archimandr­ita Tikhon è convinto che la Russia debba ritrovare le sue radici spirituali e incarnare nella sfera pubblica i valori cristiani che l’Occidente ha dimenticat­o. Ma l’essenziale del cristianes­imo lo aveva sentito da padre Ioann nel 1987: «Il Signore ci ha chiesto di amare il prossimo. Che gli altri ci amino o no, non ci deve preoccupar­e; dobbiamo preoccupar­ci solo di amarli». * Enzo Bianchi è priore al monastero di Bose. L’archimandr­ita di Mosca Tikhon Shevkunov è a Torino il 17 maggio alle 18 per il suo libro «Everyday Saints», presentato da Giuliano Amato e il cardinale Gianfranco Ravasi.

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