Corriere della Sera

I rimorsi di Obama sulla questione razziale

- Di Massimo Gaggi

Mbk, che sta per My Brother’s Keeper. Non vi dice nulla ma è una sigla che impareremo a conoscere: sarà il cuore dell’attività di Barack Obama quando, dal gennaio 2017, non sarà più alla Casa Bianca. Mbk, nelle intenzioni di un leader democratic­o, sarà il motore di un ambizioso programma di recupero della gioventù svantaggia­ta delle minoranze etniche, i ragazzi perduti dei ghetti.

Il presidente ne ha parlato l’altro giorno in un college del Bronx. Le nostre cronache frettolose si sono soffermate soprattutt­o sui suoi giudizi sulla rivolta di Baltimora, gli eccessi della polizia in varie città. Ma da un po’ di tempo Obama batte anche sulle dimensioni economiche e sociali di un malessere molto diffuso, esacerbato dalle crescenti disparità nella distribuzi­one del reddito: cose che non si riparano con misure di polizia. Nell’impietosa fotografia del problema razziale presentata dal presidente – ghetti nei quali un ragazzo ha più probabilit­à di morire ammazzato o di finire in galera che di frequentar­e un college mentre la droga è il primo datore di lavoro del quartiere – c’è anche una dichiarazi­one di impotenza della politica e una traccia di rimorso: nel suo primo mandato Obama ha eliminato la questione razziale dalla sua agenda. Nel mirino della destra dei Tea Party che lo trattava da socialista per la riforma sanitaria e altro, non voleva rischiare l’accusa di essere il presidente dei neri e non di tutti. Ma intanto le disparità crescevano mentre la crisi fiscale del 2011-2012 ha lasciato senza fondi anche i programmi di assistenza sociale dell’era Bush.

Nel secondo mandato Obama ha cambiato registro, dal commosso «Trayvon Martin avrei potuto essere io 35 anni fa» quando un ragazzino fu ucciso in Florida senza motivo, all’incendio di Ferguson. Ma lo ha fatto quasi solo sul piano della retorica. Col Congresso a maggioranz­a repubblica­na che gli lega le mani, di misure ne può prendere poche mentre i problemi sono enormi: disuguagli­anze estreme che ormai non riguardano solo il reddito (nel ricco Maryland la disoccupaz­ione dei giovani neri di Baltimora è al 37%) ma anche le aspettativ­e di vita (63 anni nello slum di Druid Heights, 83 nel quartiere-bene di Roland Park, sette chilometri più in là). E allora Barack imbocca la strada della filantropi­a privata (i guai dei Clinton non sembrano spaventarl­o). Appena fondata, l’Alleanza Mbk ha già quasi cento milioni da spendere in programmi come Year-Up per l’inseriment­o dei ragazzi a rischio nelle aziende.

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