Corriere della Sera

Ma quali schemi? Alla fine conta solo il fuoriclass­e

- Di Mario Sconcerti

La realtà del calcio europeo è che nella sua essenza non esiste più. Non esistono finalmente più schemi, libertà di palleggio, piccola sapienza individual­e, siamo andati come sempre oltre. A Barcellona erano davanti un quasi ragazzo, Luis Enrique, e il maestro di tutti, Guardiola. Non ha vinto né uno né l’altro, ha vinto chi aveva Messi. Bisogna solo stare attenti alle semplifica­zioni. Dieci giocatori normali più Messi non fanno una grande squadra, ma è sempre molto più facile costruire un collettivo che un fuoriclass­e. Sono i giocatori diversi a fare del collettivo una squadra diversa. Nel calcio l’organizzaz­ione è quel campo che da solo non fa la vita; è l’ordine indispensa­bile, ma non quello che fa la differenza. Il Chievo, l’Empoli hanno organizzaz­ioni di gioco e di idee superiori a quelle di Inter e Milan, ma non hanno i loro giocatori. Abbiamo dato troppa importanza agli allenatori per cercare una strada semplice che indicasse rapidament­e la meta. Così tante volta basta un allenatore nuovo, una formula anomala, per poterci credere. Non è così, non c’è un mago se non ci sono i giocatori. Mourinho è uscito subito dalla Champions. Sacchi ha vinto un solo campionato, non a caso il primo, quello della sorpresa. Non ci sono schemi quando Messi salta un uomo in un metro e di destro, lui mancino, batte Neuer con un pallonetto. Non c’è partita che possa prescinder­e da questo, il resto è cornice. Non bisogna dimenticar­e l’energia tattica, il saper sempre tenere una squadra equilibrat­a, ben gestita nello spogliatoi­o. Sono preferibil­i gli uomini buoni ai disordinat­i, ma ricordando sempre che noi siamo quel disordine, la vita lo è. E nel disordine il talento non ha formula, vince spesso da solo. Molti sport lo hanno capito. Il ciclismo ha i gregari che fanno il lavoro sporco lasciando al capitano il compito di vincere. Nel calcio vogliamo pensare che conti la squadra. È vero, conta tantissimo, ma è il punto primo, non quello d’arrivo. Squadre organizzat­e possono esserlo in tante, il campione è solitario. E tra squadra organizzat­e, vince chi ha il campione. Togliete Tevez alla Juve e avrete una bella squadra difficilme­nte potente. Questa è la forza dell’arte. Difficile trovarne una collettiva. Vince l’individuo.

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