«Difendo mio padre perché lui è De Mita Macché trasformista, è il più moderno»
NAPOLI «Non lo difendo perché è mio padre», dice Antonia, la De Mita sui tacchi a spillo, giornalista, 47 anni, di cui ogni tanto si parla come candidata (ma alle Europee non se ne fece nulla) o come assessore regionale.
E allora perché?
«Perché è De Mita». E cioè? «Perché è un democristiano, perché ha i suoi valori che sono anche i miei, perché ha scritto un pezzo della storia d’Italia, perché ha rinunciato a poltrone e incarichi prestigiosi, perché brucia di passione politica, perché ancora oggi, a 86 anni, gli piace fare il sindaco di Nusco, e non di un’area metropolitana, e perché merita rispetto e considerazione». Gli hanno mancato di riguardo? «Gli hanno dato del trasformista». Scusi, ma lei come definirebbe chi in Campania ha governato prima col centrosinistra di Bassolino, poi col centrodestra di Caldoro, e ora si è appena alleato con la sinistra di De Luca?
«Lo vede che ho ragione io a dire che De Mita è il più moderno di tutti? Ancora lì a utilizzare categorie anchilosate come destra e sinistra. Ma il mondo gira. E anche in Italia qualcosa si avverte. Per esempio, io ho molti dubbi sulla nuova legge elettorale, per me la democrazia è confronto tra maggioranza e opposizione. Ma è indubbio che Renzi abbia sconvolto i vecchi schemi di governo. E lo stesso patto del Nazareno sarebbe stato inimmaginabile prima. Il fatto è che la politica evolve, fa i conti con la complessità dei tempi, mentre l’informazione da un lato si velocizza, dall’altro diventa sempre più superficiale. Il prezzo che paghiamo sono i titoli a effetto, i processi politici ridotti a intrecci da soap sudamericana, i ragionamenti terra terra...».
Nel 2008, però, quando Francesco Pionati abbandonò l’Udc per passare con Berlusconi lei non fu affatto tenera con lui.
«Sì, è vero, dissi tutto quello che allora pensavo».
Lei sapeva del patto De Mita-De Luca? O è rimasta sorpresa come tutti noi?
«Cerco di seguire i fatti politici, mi informo su cosa succede a Roma e sulle vicende campane, e sapevo che De Mita si incontrava sia con Caldoro sia con De Luca per cercare intese programmatiche. Però ammetto: l’effetto è stato sorprendente».
Sa cosa diceva De Luca di suo padre? «Non se ne può più», diceva.
«E invece ora gli tende la mano, me ne rendo conto. Ma è la politica».
Ad Antonio Bassolino, frastornato da quel patto, lei ha risposto che quella di De Mita è stata «una decisione politica ponderata, fatta da un uomo di cui tutto si può dire tranne che improvvisa o si trasforma». Più che una difesa d’ufficio sembra un atto di fede.
«Sbaglia. Il mio non è un atteggiamento fideistico. Certo, ho un vizio di famiglia: mi piace ragionare di politica. E poiché sono amica di Bassolino su Facebook, ogni tanto chattiamo. Così, civilmente». E De Luca le piace politicamente? «Ha un bel piglio decisionista, quello che oggi ci vuole. Poi so che c’è bisogno di rappresentare meglio il Sud a Roma e di fare di più in loco, a cominciare dal lavoro che manca. Mi auguro che la collaborazione con De Mita possa funzionare». Sarebbe pronta per un impegno in giunta? «Non aspiro a fare l’assessore, sia chiaro. Ma sono disposta a dare una mano alla mia terra». Ah, sì? E come? «Mi occupo di eventi culturali e turistici. Sarei pronta a impegnarmi per l’alta gioielleria campana. Come io chiamo i nostri siti archeologici, i nostri musei, i nostri paesaggi. L’Irpinia, ad esempio, è la nostra Scozia, bisogna saperlo». E su cosa punterebbe? «Sull’integrazione tra pubblico e privato. Sulla sburocratizzazione da un lato, sulla defiscalizzazione dall’altra». Materia da intesa programmatica, giusto? «Proprio così».
La figlia Antonia Non aspiro a fare l’assessore, ma sono disposta a dare una mano