«Un assegno per 400 ricercatori L’aiuto per far rientrare i cervelli»
L’idea di Nannicini, consulente del governo. «Rendere stabile il cuneo contributivo»
Ci sono altre categorie da tutelare nel nostro Paese, oltre ai pensionati, a difesa dei quali si è pronunciata la Consulta bocciando il biennio 2012-13 di mancato adeguamento all’inflazione? Tommaso Nannicini, consulente del premier per Lavoro e Fisco, è sicuro di sì. Non per niente è stato lui, docente di economia politica alla Bocconi, a presentare al governo alcune proposte sulla destinazione del «tesoretto» da 1,6 miliardi, tra cui l’estensione del Sostegno per l’Inclusione Attiva (Sia) per gli indigenti.
«Oggi il Sia è sperimentato nelle grandi città. L’ipotesi è di estenderlo a tutta la Penisola e aiutare le famiglie in povertà assoluta con minori a carico, inserendole in un percorso di recupero».
Però la sentenza della Corte ha bruciato il «tesoretto».
«Non lo so, non è detto: magari si trovano soluzioni diverse. Comunque le mie erano, sono, proposte declinate secondo le linee di una sinistra riformista che guarda al bisogno e al merito».
Parliamo di merito. La sua proposta è su i ricercatori.
«In attesa di una riforma dell’Università a 360°gradi, niente vieta di avere, come altri Paesi,un sistema in cui 3-400 ricercatori con riconoscimenti internazionali e una produzione scientifica ottengano un premio che li porti anche a un percorso di stabilizzazione». Una cattedra? «Con una dotazione finanziaria a vita. Poi se il docente va in pensione o all’estero, quella dotazione rientra e va a qualcun altro. Sarebbe un meccanismo per attrarre cervelli italiani ma anche stranieri».
Esistono già incentivi fiscali per il rientro dei «cervelli».
«Soltanto per la ricerca. Nella delega fiscale si potrebbero estendere a altri settori e a profili tecnici e manageriali».
Nella delega ci sono altre norme che riequilibrano situazioni di palese ingiustizia?
«Ci sono interventi sul regime dei minimi delle Partite Iva, che ha trovato una soluzione temporanea nel Milleproroghe, ma potrebbe ora trovarne una strutturale. Un sistema che trovi la quadra tra un regime di agevolazioni nella fase di start up e uno permanente di riduzione degli adempimenti e di carico fiscale per chi sta sotto soglie, senza scoraggiare la crescita dei piccoli».
Cosa ne sarà nel 2016 del taglio del cuneo contributivo che dovrebbe promuovere l’uso del contratto a tutele crescenti per i più giovani?
« È il tema dei temi. Oggi questa misura congiunturale è una specie di droga, bisognerà inventarsi qualcosa di strutturale nella legge di Stabilità, altrimenti si creerà un incentivo perverso a cambiare forza-lavoro ogni tre anni. Penso a una riduzione strutturale del cuneo contributivo che dovrebbe, per il tempo indeterminato, attestarsi su livelli più bassi».
Confindustria intanto rilancia il tema della contrattazione di secondo livello.
«Stanno per partire molti rinnovi contrattuali, si potrebbe fare in modo che la maggior parte degli aumenti sia veicolato dal 2°livello perché è lì che si possono fare accordi di scambio con più flessibilità».
Quanto sta al dialogo sociale e quanto al governo?
«Non è un caso che il tema non sia nel Jobs act: il legislatore deve monitorare e accompagnare il processo con funzione di stimolo. La spinta dovrebbe venire dalle parti sociali. Ma il tempo stringe: bisogna capire se questa spinta arriva in tempi ragionevolmente brevi». Altrimenti? «Potrebbe avere senso anche un intervento legislativo in una forma che recuperi, senza riesumare concertazione e veti incrociati, un dialogo con le parti sociali accanto a quella che i politologi chiamano “ombra della gerarchia”». Cioè? «Ormai siamo in una fase nuova: si deve capire che al tavolo, se non si trova la quadra, c’è comunque una volontà di decidere del governo». Solo questo fa il governo? «No certo, può agire con la leva fiscale per incentivare il 2°livello, una leva che va inserita in un quadro più complessivo, da legge di Stabilità».
Nel Jobs act il confronto con le parti sociali è sollecitato solo su un punto: il salario minimo garantito.
«O si fa partire con la delega oppure lo si consegna, insieme con il tema della rappresentanza e del decentramento, al dialogo con le parti sociali».
Il salario minimo nel Jobs act è per i lavoratori non tutelati dalla contrattazione collettiva. Ma se il 2° livello prevalesse, andrebbe esteso?
«Perciò ha senso discuterne con il decentramento».
Poi c’è la proposta del M5S sul reddito di cittadinanza.
«Non la conosco nel dettaglio: schemi simili esistono in altri Paesi. Nel Jobs act c’è un ammortizzatore di ultima istanza per chi perde il lavoro ma è un’altra cosa».
Vuole commentare la sentenza sulle pensioni?
«Massimo rispetto per chi commenta ogni singola cosa: lo facevo anch’io. Ma ho capito che solo la politica ha la visione d’insieme giusta per farlo».
Nella delega fiscale sono previsti interventi sul regime dei minimi delle partite Iva. Ora una misura strutturale Gli aumenti contrattuali siano in maggior parte nel secondo livello Accordi con più flessibilità