Corriere della Sera

Ecco l’agenda Cameron 10 punti per 100 giorni Tagli da dodici miliardi

Su tutto aleggia lo spettro della secessione scozzese

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE F. Cav.

Dieci punti per i primi cento giorni. È l’agenda che David Cameron porterà in Parlamento il 27 maggio, quando la regina leggerà il discorso programmat­ico del nuovo governo.

Le promesse elettorali contano ma conta di più impostare col passo giusto una legislatur­a quinquenna­le che avrà tre grandi temi di fondo: la devoluzion­e scozzese, i provvedime­nti per raddrizzar­e le finanze pubbliche (con tagli al welfare per 12 miliardi di sterline entro il 2020) e per sostenere l’economia (a favore delle piccole imprese è prevista la rimozione di molte barriere burocratic­he, a favore delle famiglie l’innalzamen­to della fascia di reddito esente da imposte da 10.600 sterline a 12.500), infine, ma non ultimo, il referendum europeo nel 2017.

David Cameron, commentand­o la vittoria, lo ha detto subito: «Un solo Regno Unito, una sola Nazione». Lo spettro di una spaccatura con una parte importante del Paese che manda 56 parlamenta­ri a Westminste­r lo obbliga ad accelerare l’iter della devoluzion­e (che nel manifesto elettorale dei tory è invece assente dalle priorità). Non è un caso che già nella notte fra venerdì e sabato e tutto ieri, dopo il colloquio telefonico dello stesso Cameron con Nicola Sturgeon, la leader dello Scottish National Party, siano partite rassicuraz­ioni da Downing Street: nel discorso della regina vi saranno indicazion­i chiare.

La base di discussion­e è il rapporto della commission­e guidata da Lord Smith e istituita all’indomani del referendum. Gli indipenden­tisti scozzesi lo giudicano negativame­nte. Il punto più sensibile e più controvers­o è la possibilit­à di concedere la piena autonomia fiscale e di spesa a Edimburgo. Oggi il contributo che la Scozia offre al bilancio britannico con le imposte raccolte è di 50 miliardi di sterline (68 miliardi di euro), ovvero l’8,1% del Regno Unito, 9.400 sterline (13 mila euro) per ogni scozzese. Ma contempora­neamente Edimburgo riceve da Londra 66,4 miliardi di sterline (91 miliardi di euro) per la spesa pubblica, il 9,2% del totale britannico, ossia 12.500 sterline (17 mila euro) pro capite. Come risolvere il nodo dei poteri fiscali e di spesa? La commission­e Smith prevede che la Scozia gestisca le imposte sul reddito. Cosa che Tensione Scontri tra la polizia e i manifestan­ti che ieri hanno contestato i conservato­ri davanti alla residenza del premier in Downing Street non basta allo Scottish National Party. Fonti tory suggerisco­no che vi saranno concession­i in questa direzione. Boris Johnson, sindaco di Londra neoeletto ai Comuni, ha ammesso: «Dobbiamo fare un’offerta in senso federale». La trattativa è aperta. E per Cameron è un banco di prova importante. Nicola Sturgeon è un osso duro. Ora come ora, caduta la testa di Miliband, è l’unica leader dell’opposizion­e in grado di alzare la voce (ieri ha ripetuto: basta con l’austerità). Londra non può permetters­i di tenere aperta la ferita con la Scozia. Downing Street s’indebolire­bbe anche in consideraz­ione dell’altro fronte: quello europeo.

Il primo ministro, e lo spiegherà attraverso il discorso della regina il 27 maggio, presenterà alla Camera dei Comuni il progetto di legge per indire il referendum sul sì o sul no all’Unione. Sarà interessan­te vedere quali paletti metterà. Avvierà il percorso con la richiesta di negoziare con Bruxelles la nuova membership britannica. Ma farlo, passando sopra alla questione scozzese e avendo in casa la mina separatist­a, lo renderebbe più vulnerabil­e agli occhi dei partner continenta­li. «La Scozia è europeista » . Nicola Sturgeon lo ha chiarito senza giri di parole. A nome di quale Regno Unito parlerebbe David Cameron?

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