L’omicidio dello studente Giallo sulla scomparsa di un amico della vittima
Nuoro, gli alibi di tre giovani sentiti sono ritenuti incerti
Il silenzio. Dei mille che hanno accompagnato Gianluca Monni dalla chiesa di Santa Maria delle neve al cimitero. Dei duemila e più studenti di Nuoro che sul piazzale dell’istituto Volta hanno voluto così ricordare per un minuto il loro coetaneo ucciso mentre attendeva l’autobus per andare a scuola. Ma soprattutto il silenzio reticente di chi a Orune era accanto allo studente, ha visto i due assassini scendere dall’auto, sparare ma ha scelto ancora una volta di rimanere nel cono d’ombra dell’omertà. «Non ho visto nulla, agli spari mi sono coperto gli occhi». «Ero girato dall’altra parte». «Mandavo messaggi col telefonino». «Sono fuggito subito». «L’auto? Ricordo soltanto il colore, scuro».
Almeno dieci, tutti giovanissimi e amici, non sono stati di alcun aiuto ai carabinieri, che comunque hanno sentito anche altri e forse individuato tre o quattro del gruppo che a Carnevale ha importunato, più volte pare, la fidanzatina di Gianluca innescando i litigi e — se la pista della vendetta passionale verrà confermata — l’agguato brutale. Sospetti, per ora e verifiche di alibi ritenuti «molto deboli». Sono ventenni. Fra loro c’è chi non ha la fedina penale pulita. Ma nessuno è in stato di fermo né è stata disposta la prova dello stub per rilevare residui di polvere da sparo.
Le indagini si complicano, ma spuntano — conferma il capitano Fabio Saddi — due piste e un «giallo». Avevano detto i compagni di scuola: «Gianluca era buono e calmo, s’infuriava soltanto quando qualcuno prendeva di mira Eleonora». Ora è venuto fuori che un pregiudicato (non di Orune) ha tentato di avvicinare la ragazzina. Lui lo aveva saputo, era andato su tutte le furie e aveva affrontato il rivale: parole grosse, minacce. L’uomo è stato individuato. «Venerdì mattina — sostiene — ero lontano da Orune». I carabinieri stanno accertando se è vero.
Il «giallo» porta a Nule, paese a 25 chilometri da Orune. Qui da giovedì nessuno ha più visto Stefano Masala, 28 anni. È uscito di casa, si è messo alla guida della sua Opel Corsa grigio scuro dicendo: «Devo fare una cosa importante». È sparito nel nulla, la sorella e gli amici lo hanno cercato ovunque,
Il saluto Centinaia di studenti si sono raccolti ieri in un minuto di silenzio all’istituto «Volta» di Nuoro hanno diffuso appelli e la sua foto. Ieri mattina i carabinieri hanno ricevuto una telefonata dalle campagne di Pattada (30 chilometri da Nule): «Venite, sul ciglio della strada c’è un’auto in fiamme». Era quella di Masala, quando le pattuglie sono arrivate era ormai carbonizzata, ma lui non c’era.
Masala ha un diploma di scuola alberghiera, è disoccupato, ha problemi di salute. «Giro ovunque dal 2013 — ha scritto — in cerca di lavoro». Giovedì scompare lui, poche ore dopo viene ucciso Monni. Casuale coincidenza? «Certo, è uno strano sincronismo», ammette il maggiore Giuseppe Urpi, dei carabinieri di Sassari, che «cercano di capire» e soprattutto di fare chiarezza sulle voci che rimbalzano da Nule a Orune: Gianluca e Stefano si conoscevano, si frequentavano; avevano una passione in comune, i cavalli. Vero? Probabile, e comunque a Nule Gianluca aveva alcuni amici, giovani che hanno frequentato come lui l’istituto professionale Volta.
Il procuratore della Repubblica di Nuoro Andrea Garau conferma le indagini incrociate tra Nule e Orune ma non si sbilancia: «Un’idea ce l’abbiamo, ma ci vorrà tempo per trovare i riscontri». Cappa di silenzio anche ai funerali, occhi bassi e teste chine davanti a Salvatore e Rita Monni, all’altro figlio Pasquale e a Eleonora che ha appena accarezzato i fiori sulla bara. Il vescovo di Nuoro ha cercato di scuotere chi non parla: «Non ascoltate gli adulti che insegnano odio e vendetta — ha tuonato monsignor Mosè Marcia — ma chi ha ucciso Gianluca non è un adulto, è un giovane come voi».