Corriere della Sera

Se le gerarchie si stabilisco­no con le monetine

- Giorgio Terruzzi

Monete e monetine. Di questo si è parlato, dopo le qualifiche. La parola «moneta» l’ha usata un vecchio campione, provvisto di umorismo e di cinismo. Imitava Niki Lauda quando parla in italiano; alludeva alla curiosa coincidenz­a di trovare Hamilton per la prima volta alle spalle di Rosberg, proprio nel momento in cui Ginetto sembra tirarla in lungo con il rinnovo del contratto Mercedes. Un vezzo che Lauda non gradirebbe al punto da produrre una leggera correzione del trattament­o in pista. Giusto per chiarire chi comanda. Dunque, nulla di casuale. Piuttosto, il segnale di un boss che ha perso la timidezza nella culla, a detta dell’ex collega, maligno quanto lui. E disposto a scommetter­e una follia sul vero motivo del sorpasso. Unico problema: Lauda. Non confessere­bbe nemmeno sotto tortura. La parola «monetina» pare sia stata pronunciat­a da qualcuno in divisa Ferrari. Chi? Mai si saprà. Una monetina «lanciata in aria» per assegnare a Vettel la rossa dotata di modifiche aerodinami­che e a Raikkonen la macchina versione tradiziona­le. Possibile? Tra i box è transitato il fantasma di Jean Todt che una monetina lanciò davvero, quando era a capo della Peugeot, anno 1989, per decidere chi tra Ickx e Vatanen, avrebbe vinto la Parigi-Dakar. Allora, la sorte premiò Vatanen e mortificò Ickx. Ruoli occupati qui da Vettel e da Raikkonen. Il dibattito si è trasformat­o in un gioco divertente anche per gente abituata a prendersi troppo sul serio. Sino a quando sono fioccate le smentite. Dalla Ferrari prima, da Raikkonen poi, pronto ad assumersi la responsabi­lità della scelta e del pasticcio. Niente monetina, dunque. Un altro fantasma. Peccato.

Vettel Nessuna delusione; nel mio risultato vedo piuttosto la conferma che siamo subito dietro alle Mercedes In gara ci possiamo avvicinare

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