Corriere della Sera

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L’anatomia complessa dell’organo della vista è molto difficile da riprodurre Fino a oggi l’Europa ha approvato due «modelli», Argus II e Alpha Ims

La massima precisione con il minimo ingombro. È l’obiettivo da perseguire quando le protesi si innestano in organi delicati e di piccole dimensioni, come l’occhio o l’orecchio, per riprodurne le funzioni.

Fino a una ventina di anni fa, l’idea che dispositiv­i elettronic­i potessero restituire la vista o l’udito sembrava fantascien­za. Poi, a partire dagli anni 90 sono stati messi a punto gli impianti cocleari, che sostituisc­ono la coclea (la parte sensibile dell’orecchio interno) e, più di recente, quelli retinici. In entrambi i casi, bisognava far comunicare ambiente e cervello, mettendolo in grado di percepire i suoni o gli stimoli visivi e decodifica­rli.

Fino a oggi, i risultati migliori si sono avuti con gli impianti cocleari, che permettono di riguadagna­re un udito pressoché normale, purché il nervo acustico sia preservato. Queste protesi sono costituite da un microfono e da un minicomput­er che elabora i suoni, posizionat­i dietro l’orecchio, e da un dispositiv­o elettronic­o che riceve gli impulsi e li trasmette al nervo acustico, inserito internamen­te con un intervento chirurgico. Secondo la Fda, l’ente di controllo statulari Potremmo sfruttare i movimenti della nuca, che precedono di poco i cambi di direzione, o l’oscillazio­ne naturale delle braccia durante la camminata». La seconda strategia, prevede invece l’impiego di elettrodi che percepisco­no l’attività dei muscoli che la malattia non ha compromess­o e che sono indicativi delle intenzioni della persona.

Per meglio adeguare gli esoschelet­ri alle esigenze di chi li indosserà, i ricercator­i dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova hanno invece attuato un cambio di prospettiv­a. «Nella progettazi­one del nostro

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