Famiglie, slogan e movimenti alla marcia contro l’aborto
«Una mamma, un papà, questa è la vera libertà». Gridano i partecipanti alla quinta «Marcia per la vita» che si è tenuta ieri a Roma. Sono le due di pomeriggio e sotto un sole cocente una donna prende in mano il microfono per raccontare il dolore che ancora si porta dentro per avere abortito, un’altra, invece, racconta di come un Centro per la cita l’abbia aiutata a far nascere suo figlio. Siamo in via della Conciliazione, poco prima papa Francesco, al termine dell’Angelus, aveva lodato l’iniziativa. Il corteo è colorato, poco rumoroso, con tante famiglie e bambini. All’inizio sfila un enorme Cristo in croce. Molti gli striscioni contro la 194. «Basta genocidi silenziosi», «Nata da uno stupro, amo la mia vita», «L’aborto non è diritto è un delitto». Alcuni mostrano foto di ecografie con su scritto: «Mamma lasciami vivere». Un trenino pieno di bimbi accompagna il corteo. I vessilli politici sono banditi, quelli che sventolano appartengono ai gruppi e ai movimenti. Chi sfila non è incline ai compromessi. «La donna non può decidere della vita di un altro essere umano, l’utero è suo ma non la vita che c’è dentro» dice Giovanni, 25 anni. «Il problema è se lei in un seme ci vede un seme o se ci vede un albero — spiega Giampaolo, 42 anni, senese, alla sua terza marcia per la vita—. L’aborto non deve essere consentito neanche in caso di stupro, non vedo perché dovremmo aggiungere a un crimine un altro crimine». All’iniziativa, secondo gli organizzatori, hanno preso parte 40mila persone provenienti da tutta Italia, più alcune delegazioni internazionali.