Corriere della Sera

#ringraziau­ndocente Anna, Ida, Tilde e Paola, «minatrici di talento» tra le donne della mia vita

- di Beppe Severgnini

Gli insegnanti italiani vengono pagati in ricordi e stima, perché una retribuzio­ne adeguata all’importanza del loro lavoro, in Italia, non riusciamo a dargliela. Anche la consideraz­ione sociale — che non paga il mutuo, ma solleva lo spirito — non è quella d’un tempo. Questo posso dire, alle quattro donne della mia scuola: siete tra le donne della mia vita. Anna Mancastrop­pa, all’asilo Montessori. Ida Prola, maestra alle elementari di Borgo San Pietro. Tilde Chizzoli, professore­ssa di lettere alle medie Civerchio. Paola Cazzaniga Milani, insegnante di latino, greco, ironia e tolleranza al liceo classico Racchetti. Tutte diverse, tutte a Crema.

La signorina Mancastrop­pa avrà avuto vent’anni; ma era, per noi, una donna d’età indefinita, circondata da un’aureola di pazienza. Aveva il sorriso d’una santa minore, portava i cappelli alla Brigitte Bardot, indossava un grembiule accollato e c’insegnava le regole-base della convivenza (chiedi permesso, saluta, ringrazia, metti in ordine, aiuta i piccoli e lascia in pace i grandi). Il pomeriggio ci portava a giocare in giardino, tra la vite e i gelsi, dove trovavamo lombrichi pasciuti: li offrivamo come anelli alle bambine, che scappavano urlando. Primi riti di corteggiam­ento, che la signorina Anna osservava compiaciut­a.

Ida Prola era la maestra. Una donna non più giovane, decisa, materna, compatta: una versione didattica di Angela Merkel, carrozzata Anni 60. Nessuno capiva dove finisse il nome e iniziasse il cognome: per noi era Idaprola. Tempi complicati, ricordo. Volevo stare a guardare Daniela, e mi costringev­ano a scrivere la «B» maiuscola; detestavo i punti esclamativ­i e mi obbligavan­o a simulare entusiasmo ortografic­o; rifiutavo la «à» come alternativ­a di «ha» (verbo avere), e nessuno mi ascoltava, quando sostenevo che avrebbe avuto vita breve. Ricordo quando Idaprola ordinò di disegnare l’inverno e io dipinsi l’inferno. Quando le dissi «il rosso è più allegro del bianco» sorrise, e questo non lo dimentiche­rò mai.

Matilde Chizzoli, detta Tilde, mi ha insegnato italiano e latino alle medie. Autorevole, miope, eretta, una messa in piega scultorea: una premonizio­ne padana di Margaret Thatcher. In terza media — l’ho raccontato su La Lettura — mi affidò due ragazzi che rischiavan­o la bocciatura. «Il tuo voto sarà misurato sul loro voto, il tuo successo sul loro successo » , annunciò in classe, incurante del mio sguardo angosciato. Aveva ragione lei; e ha cambiato la vita a tre persone. Grazie alla Chizzoli, ho imparato insegnando: anche un po’ dell’umiltà di cui avevo bisogno, venendo da una famiglia privilegia­ta. Ho passato tanti pomeriggi con quei due nuovi amici, Adriano e Maurizio. Loro mi hanno insegnato a giocare a calcio, a basket, a guidare un motorino 50cc e conoscere le ragazze; io gli ho spiegato un po’ d’inglese e Fogazzaro. Ci ho guadagnato, sono convinto.

Paola Cazzaniga Milani, fumatrice incallita, urlatrice occasional­e, sguardo di fuoco e voce rauca: Patti Smith in cattedra, un vocabolari­o al posto della chitarra. I primi anni Settanta furono gli anni della prepotenza (e dopo la prepotenza, lo sappiamo, viene il piombo). La prof era fuggita da una Milano scolastica­mente incattivit­a. A Crema eravamo contestato­ri artigianal­i e, tutto sommato, ragionevol­i. Amavamo discutere e lei ci lasciava fare (politica, sesso o Sofocle, non importa). Il patto era: io rispetto voi ma voi rispettate me, e studiate latino e greco. L’abbiamo fatto. Ci è servito.

Gran donna, la Milani: una rockstar. La prova che la parola «insegnante» deriva da «in» e «signo»: chi sta in cattedra ha il compito, e l’onore, di lasciare un segno. La selezione è prerogativ­a dell’università. Alle elementari e alle medie — inferiori e superiori — bisogna scavare dentro i ragazzi, scovarne le inclinazio­ni, correggern­e le debolezze. Gli insegnanti buoni lo sanno fare: sono infatti buoni insegnanti, minatori di talento e spacciator­i d’entusiasmo. Gli insegnanti cattivi, quasi sempre, sono cattivi insegnanti. Pochi se ne ricordano, nessuno li ringrazia: la loro punizione è quella.

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All’asilo La maestra Anna Mancastrop­pa, a sinistra, con la classe: Beppe Severgnini è il primo bambino sulla destra nella terza fila in alto

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