Corriere della Sera

La missione di Catia: così in quindici anni ho salvato 3 mila vite

Il racconto della comandante della Marina

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In Libia Migranti fermati vicino a Misurata potevano fare la differenza fra la vita e la morte di qualcuno. Un barcone rovesciato, migranti in mare ad annaspare, il Libra che correva per arrivare prima possibile. E alla fine la sua voce a dare l’ordine più drammatico: «Date precedenza ai vivi».

«Ricordo che c’era un bambino che avrà avuto un anno e mezzo. Qualcuno lo aveva tenuto a galla ed era arrivato fra le braccia di uno dei miei uomini. Nessuna traccia dei suoi genitori, non sapevamo se erano morti o se erano stati salvati dai maltesi. Volevamo cambiargli i vestitini bagnati ma ogni volta che qualcuno provava a togliere la ciambella di salvataggi­o lui urlava disperato. Gliel’abbiamo lasciata addosso e abbiamo dovuto aspettare che si addormenta­sse prima di riuscire a liberarlo e a cambiarlo. Giorni dopo ho saputo che i suoi genitori erano vivi, soccorsi dai maltesi. Nessuno saprà mai quanto mi fece felice quella notizia».

Nei mesi successivi a quell’11 ottobre è stato un ripetersi di salvataggi. Una missione dopo l’altra per issare a bordo dieci, cento o più migranti alla volta. Hanno fatto i conti, alla fine del comando di Catia sul Libra: 3.000 vite salvate. «Ho cercato nel tempo di leggere i segni che la tragedia dell’11 ottobre aveva lasciato sull’equipaggio. Mi sono resa conto che era stata durissima per tutti ma che alla fine l’avevano superata e mi piace pensare che anche la mia gestione e il mio sangue freddo, in quei momenti, sono serviti ad affrontare al meglio una

In mare

Un fermo immagine delle operazioni di salvataggi­o tratto da «La scelta di Catia - 80 miglia a sud di Lampedusa», la web serie che racconta l’operazione Mare Nostrum nel canale di Sicilia. I migranti sono stati soccorsi dalla «Libra», la nave della Marina militare al cui comando c’era Catia Pellegrino. Nata a Copertino (Lecce) nel 1976, ha frequentat­o l’Accademia navale di Livorno e si è laureata in Scienze Politiche all’Università di Firenze. Il 19 giugno 2013 ha assunto il comando della «Libra» situazione emotiva davvero straordina­ria».

Catia è sbarcata due sere fa dopo ottanta giorni di navigazion­e. «Mi hanno messo su un gommone e spedita a Lampedusa quasi fossi una migrante pure io» scherza lei. Il gommone è storia vera, però: «Dovevo rientrare a casa e Lampedusa era l’approdo più comodo». Rimarrà a terra giusto un paio di settimane perché a fine mese riparte di nuovo, magari con qualche copia del libro da portare a bordo per l’equipaggio. «Questo libro per me è stata una sfida. Anche perché ho dovuto scriverlo in poco tempo e per farcela ho lavorato di notte. Non è soltanto il racconto di giorni drammatici. Io sono una persona entusiasta, ottimista, spiritosa, e ho voluto raccontare anche momenti divertenti. A essere sincera ho buttato giù le cose così come mi venivano, d’impeto. Perché sono così anche nella vita, non pianifico mai nulla, agisco quasi sempre d’impulso. Per dirla in altre parole: navigo a vista, mi lascio trasportar­e dall’istinto e dalla Catia che sono. Poi, ogni tanto, guardo dove mi hanno portato...».

Finora la strada seguita si è rivelata giusta. Catia è arrivata dove voleva. Sulla plancia di comando dalla quale ha visto vite perdute galleggiar­e e altre sfinite approdare sul suo ponte di volo, quello della sabbia. Dice un passaggio del suo libro: «Mentre li guardavo arrivare, mentre cercavano una sistemazio­ne, un piccolo spazio a bordo del Libra, mentre si sedevano l’uno accanto all’altro, pensavo a come io avrei scelto il mio spazio nella vita».

@GiusiFasan­o

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