Montepaschi, il conto Nomura a 4,7 miliardi L’esposizione sale di 693 milioni. Siena tratta con la Bce per attenuare in bilancio il derivato Alexandria
Non sembra avere fine la coda velenosa del contratto Alexandria, il derivato messo in piedi nel 2009 dal Montepaschi con Nomura per mascherare in bilancio una perdita di 220 milioni. Negli ultimi tre mesi, dalla chiusura del bilancio alla fine di marzo, l’esposizione di Siena verso la banca giapponese è schizzata verso l’alto di 693 milioni arrivando a 4,7 miliardi, la cifra indicata nella relazione trimestrale depositata ieri. E Piazza Affari non l’ha presa bene con il titolo precipitato del 5,82% in uno dei momenti più delicati per il Trimestrali in casa Fininvest. Nei primi tre mesi 2015 Mediaset ha registrato un utile di 700 mila euro contro la perdita di 12,5 milioni dello stesso periodo del 2014. I ricavi sono 828 milioni (+1%) rispetto agli 820 precedenti. Per l’intero 2015 risulta «estremamente difficile formulare previsioni» spiega il gruppo in una nota. Il direttore finanziario Marco Giordano ha escluso alleanze sul piano azionario con Telecom Italia, mentre sono «possibili accordi commerciali». Il Biscione prevede un forte incremento dei ricavi di Mediaset Monte: la vigilia dell’aumento di capitale per 3 miliardi che dovrebbe ricevere il via libera della Bce in settimana e scattare a fine maggio.
A far impennare il conto potenziale di Alexandria — spiega la banca guidata dal ceo Fabrizio Viola — è stato sia l’aumento del rischio di controparte sul «long term repo» per 575 milioni sia del collaterale a copertura dei tassi per 146 milioni. Si tratta dei complessi contratti collegati con cui Rocca Salimbeni strutturò con la controparte Nomura un finanziamento (cosiddetto «repo») di 3 Premium grazie ai diritti sulla Champions League. Sul fronte editoria, Mondadori ha registrato una perdita di 4,7 milioni contro i 6,4 dello stesso periodo 2014, con ricavi a 251 milioni (-6%) e un margine operativo prima di oneri non ricorrenti in aumento a 7,5 milioni. Migliora il debito (319 milioni). L’amministratore delegato Ernesto Mauri ha confermato che Mondadori ha ribadito al nuovo board di Rcs l’offerta per la divisione Libri e ha spiegato che «è in corso la due diligence». miliardi in Btp scadenti nel 20134 e che in realtà — a dispetto della contabilizzazione in bilancio, tuttora controversa — era un «credit default swap» (cds), ossia un derivato di copertura contro il fallimento dello Stato italiano.
Quei 4,7 miliardi di esposizione verso l’istituto nipponico equivalgono al 48,8% dei fondi propri contro il 34% di dicembre. Un livello che va ben al di là delle prescrizioni normative, richiamate dalla Bce nella lettera con cui a febbraio ha chiesto al Monte di ricondurre il rischio Alexandria entro il tetto del 25%, ponendo anche il termine del 26 luglio che può essere prorogato se esistono validi rischi legali. Smontare la mina del derivato costerebbe almeno un miliardo a Siena, seppure senza impatto sul Core tier 1. Mps e Nomura hanno entrambe interesse a un accordo transattivo che «smini» il bilancio e chiuda la causa per risarcimento danni attivata da Siena. Ma è improbabile che ci si arrivi entro luglio. La banca di Viola sta dialogando con la Bce per vedersi riconosciuto un diverso trattamento contabile di Alexandria che porterebbe a Vertici Fabrizio Viola, amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi ridurre il rischio sul Long term repo di 1,68 miliardi. Uno sconto che — a valle dell’incasso dei 3 miliardi dell’aumento di capitale — ricondurrebbe l’esposizione verso Nomura entro la soglia richiesta del 25%.
Voltare pagina si è rivelata un’impresa estenuante, che però sta dando i primi frutti. Il Monte si appresta a chiedere 3 miliardi ai soci con il biglietto da visita del primo utile parziale — 72,6 milioni a fine marzo — dopo una sfilza di dodici trimestri consecutivi in rosso.