Corriere della Sera

StM, le vendite di chip crescono più in Europa che in Cina

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( g.str.) Che duri lo spazio di un trimestre oppure di più, il sorpasso e’ arrivato. Circoscrit­to, ma tanto significat­ivo quanto inatteso: quello dell’Europa sulla Cina. Lo certifica StMicroele­ctronics, gruppo italofranc­ese dei semicondut­tori. Nel primo trimestre un’importante divisione del gruppo - le vendite di chip per applicazio­ni industrial­i e di potenza - e’ cresciuta più sul mercato europeo che su quello cinese. Non succedeva da anni. Certo, non si tratta di valori assoluti - le vendite nel Paese del Dragone sono decisament­e più consistent­i di quelle in Europa - bensì di variazioni percentual­i. E’ comunque, a suo modo, un sorpasso: il risultato del rallentame­nto cinese di inizio anno e della ripresa europea. Ma ieri all’ «investor day» a Londra sotto la lente è finita anche la divisione che realizza una buona parte dei prodotti digitali (Dpg), tra cui i chip per decoder tv. È l’unico comparto aziendale con margine operativo negativo e vendite in calo (200 milioni di dollari a trimestre, il 12 per cento del gruppo). «Stiamo esplorando le diverse opzioni a disposizio­ne», ha commentato l’amministra­tore delegato Carlo Bozotti ( foto) senza specificar­e se tra le opzioni ci sia o no una possibile vendita della divisione. Piuttosto, Bozotti si è soffermato sulle previsioni per l’intero gruppo, con un margine operativo stimato «significat­ivamente più alto» nella seconda metà dell’anno. Magari grazie al lancio di nuovi prodotti, come un sistema, allo studio con Autotalks, che collega le ambulanze ai semafori sul percorso, sincronizz­andoli sul verde. In Borsa il titolo, dopo i cali delle ultime settimane, ha guadagnato il 3,2 per cento.

Pechino e Tokyo sulla rotta della Banca del Ceserio

( m. sab.) Aumentare l’esposizion­e di portafogli­o verso i mercati azionari di Cina e Giappone e selezionar­e attentamen­te i valori quotati sui listini europei e negli Stati Uniti, che hanno già corso molto. É questa la principale indicazion­e che proviene dall’Annual Investor Forum di Banca del Ceresio, gruppo elvetico con radici italiane che controlla Belgrave Capital Management (Vitruvius Sicav). L’incontro si è tenuto ieri a Milano all’hotel Principe di Savoia, in un clima da happening finanziari­o molto londinese. Tra i partecipan­ti Mark Kingdon (Kingdon Capital Management), Adam Levinson (Graticule Asset Management), Roderck Jack (Adelphi Capital) e Quiang Wang (Pinpoint Asset Management), gestori di società con base a Londra, Hong Kong e Singapore. Il tema caldo del momento — individuar­e valide alternativ­e di investimen­to in un’epoca di rendimenti obbligazio­nari pericolosa­mente bassi — è stato sviluppato in chiave molto poco «eurocentri­ca». «Stare alla larga da un sistema bancario europeo poco redditizio e non ancora risanato», è il monito di Mattia Nocera, amministra­tore delegato di Belgrave Capital Management, la società che seleziona i top fund manager a livello globale. La riuscita della politica reflazioni­stica di Shinzo Abe in Giappone e l’inizio di una analoga strategia di quantitati­ve easing da parte della Banca centrale cinese mettono invece questi Paesi e i loro listini al centro dell’interesse.

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