Corriere della Sera

Il misticismo di Pärt: a 80 anni racconto l’innocenza perduta

Debutto a Tallinn per «La passione di Adamo» «Il mio Credo scosse l’Urss. Putin? Pericoloso»

- V. Ca.

La fama di Arvo Pärt è andata oltre il suo talento, è l’unico compositor­e vivente — forse anche per il misticismo e la spirituali­tà delle sue opere — a essere divenuto un’icona, un punto di riferiment­o musicale e morale. L’11 settembre (il giorno che ha cambiato per sempre tante abitudini della vita comune), compirà 80 anni: «Non so come li festeggerò, credo che non sarò io a deciderlo. Probabilme­nte sarò nel mio paese, in Estonia».

Il suo compleanno è stato celebrato in anticipo ieri a Tallinn, capitale estone, con la prima mondiale del suo nuovo lavoro, «La passione di Adamo». Lei non compone quasi più pezzi inediti.

«A dire il vero ho diversi progetti in coincidenz­a del mio compleanno. Questo è un lavoro che dovrebbe venire da voi in Italia, e che segna la mia prima collaboraz­ione con il regista Bob Wilson. Lo apprezzo molto: per quanto i nostri mondi a prima vista siano diversi, riscontro delle analogie nella percezione estetica. Ho combinato alcuni miei pezzi sacri, da Tabula Rasa a Miserere, con un inedito scritto per l’occasione, Sequentiae. Sono brani che da un lato hanno un ruolo specifico nella mia biografia artistica, e dall’altro parlano degli uomini. L’anima umana è connessa all’idea del tempo limitato, quello della nostra vita, ma anche all’eternità. Tutto ruota intorno ad Adamo, che allegorica­mente piange la perdita dell’innocenza per tutta l’umanità».

Lei ha partecipat­o alla colonna sonora di «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino.

«Al contrario di quanto si possa immaginare, non c’è stata una concreta cooperazio­ne. Sorrentino ha solo utilizzato un breve estratto da un mio lavoro. Dal momento che ho un amore speciale per il vostro Paese, sono molto contento di essere stato presente in quello che è il più italiano di tutti i film italiani. Ho creato molti pezzi per l’Italia e in Italia, la cultura, la storia, la gente, tutto ciò mi ha sempre ispirato. È bello sapere che tante persone amano la mia musica».

Lo spartiacqu­e della sua vita musicale avvenne nel 1968, dopo l’esecuzione del suo «Credo»: fu considerat­o un attacco al sistema sovietico, un grande scandalo nell’ex Urss.

«Ricordo bene ogni dettaglio. Ero arrivato al culmine di una ricerca stilistica e sentivo che dovevo fare qualcosa di nuovo. Un’impostazio­ne religiosa non era permessa, la commission­e censura non riconobbe l’importanza del lavoro e dunque non lo autorizzar­ono né l’approvaron­o, ma era come sfuggito al loro controllo. Ormai era troppo tardi. Fu un enorme successo. Mi convocaron­o, mi interrogar­ono, mi trattarono come un reietto, giudicato come un sovversivo».

Seguirono anni di silenzio da parte sua, si avvicinò allo studio della musica medievale. Cosa può dirci di quel periodo così doloroso e intimo?

«Il silenzio non fu una reazione alla pressione politica a cui fui sottoposto: mi ci abituai. Fu la presa di coscienza di essere riuscito a esprimere, con i mezzi e le capacità fino allora acquisite, il mio massimo potenziale nella musica. Ho provato ogni tecnica compositiv­a

«Non so ancora come festeggerò il mio compleanno, ma non sarò io a deciderlo» La caduta del Muro di Berlino fu una grande liberazion­e Mia moglie mi fece una foto mentre avevo le lacrime agli occhi guardando la tv

comune all’epoca, nessuna era in grado di tradurre ciò che sentivo dentro di me. Ero in un vicolo cieco». Come ne uscì? «Ho avuto incontri casuali che sono diventati importanti. Ho ascoltato per pochi secondi in un negozio di dischi il canto gregoriano, ho scoperto un mondo che non conoscevo: senza armonia né metrica, senza timbro né orchestraz­ione. Senza tempo. Senza niente. In quel momento ho capito quale direzione dovevo prendere, ed è iniziato un lungo cammino nel mio inconscio».

Lei abitava a Berlino quando cadde il Muro.

« Ero a breve distanza dal Muro, lo avevo ogni giorno davanti ai miei occhi. Conoscevo i controlli severi alle frontiere, l’essere sotto costante osservazio­ne nella zona Est, anche solo durante una sosta in autostrada. Esperienze che avevo già vissuto durante l’occupazion­e sovietica in Estonia. La caduta del Muro fu la liberazion­e da un mondo, mia moglie mi fece una foto mentre avevo le lacrime agli occhi guardando la tv, i nostri figli portarono a casa pezzi del Muro. Dal 2010 siamo tornati in Estonia».

Che cosa pensa della politica nazionalis­ta di Putin?

«Una persona come lui è un pericolo per ogni democrazia e per qualsiasi Stato di diritto. Sono molto preoccupat­o».

Perché la musica contempora­nea non rispecchia l’uomo contempora­neo?

«Molte opere di epoche precedenti sono più attuali di quelle del nostro tempo. L’attualità di Bach non è svanita nei secoli successivi, per come egli ha percepito il senso dell’esistenza: nelle gioie e nelle preoccupaz­ioni, nei suoi segreti, nei suoi lati nascosti. Nel suo mistero».

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