Corriere della Sera

IL RICORDO DEI DITTATORI DA TITO A FRANCISCO FRANCO

- Piero Campomenos­i pierocampo­menosi@libero.it

Nell’Istria, a Capodistri­a, ho trovato una piazza dedicata a Tito, e così pure mi è capitato di constatare in varie città della Croazia. Ma Tito, un dittatore che è stato anche amico di Stalin, non dovrebbe essere stato rimosso dalla memoria collettiva, o, meglio, dalle carte geografich­e e topografic­he, come abbiamo fatto noi con Mussolini? Caro Campomenos­i, ito non fu sempre amico di Stalin. Fu anzi, sin dai primi anni del dopoguerra, il suo maggiore avversario nel campo comunista e l’esponente, agli occhi di Mosca, di una eresia nazionale che provocò processi e purghe in molti Paesi satelliti. Ebbe altri meriti. Trasformò i nuclei della resistenza in una Armata popolare che dette filo da torcere alle truppe tedesche e italiane sino all’ultima fase del conflitto. Creò uno Stato federale che divenne una sorta di cuscinetto fra i due blocchi della Guerra fredda. Prese la guida, con l’egiziano Nasser e l’indiano Nehru, dei «non allineati», una «terza forza» che raccolse consensi soprattutt­o in Africa e in Asia.

Nella sua biografia vi furono altri capitoli molto meno positivi: la spietata durezza con cui trattò gli oppositori dopo la conquista del potere, la creazione di un regime poliziesco ispirato al culto della sua persona, il fallimento di riforme che misero in luce la fragilità dello Stato. Ma non sarebbe giusto dimenticar­e che la Jugoslavia, sotto

Tla sua guida, ebbe un ruolo internazio­nale di cui i suoi compatriot­i potevano andare orgogliosi e che la disintegra­zione dello Stato federale cominciò dopo la sua scomparsa. Non possiamo pretendere che gli jugoslavi pensino di Tito ciò che ancora pensano di lui, probabilme­nte, gli istriani, i dalmati, i triestini e i goriziani.

Tito non è il solo personaggi­o ambiguo e controvers­o del Ventesimo secolo. Un altro è certamente il generale Francisco Franco y Bahamonde, il protagonis­ta di un colpo di Stato che gettò la Spagna in una sanguinosa guerra civile, il dittatore che non smise mai, per molti anni, di perseguita­re i suoi nemici dopo la vittoria. Ma anche Franco, come Tito, suscita nel suo Paese sentimenti contrastan­ti. Esiste un enorme sacrario, la Valle de los Caidos (la Valle dei Caduti), meta di pellegrina­ggi per le solenni messe di suffragio che si celebrano nell’anniversar­io della sua morte. Esistono fondi pubblici per l’amministra­zione del sacrario. Esiste una Fondazione Francisco Franco che promuove, sia pure con discrezion­e, il culto del Caudillo. Negli anni in cui il presidente del Consiglio era il socialista José Luiz Rodriguez Zapatero (2004-2011), il governo ordinò la rimozione di un grande statua in suo onore da una strada di Madrid. Ma ve ne sono altre in qualche città del Paese e vi sono ancora strade intestate al suo nome. La regola non scritta, soprattutt­o dopo il ritorno al potere del Partito popolare, è che tutti gli spagnoli — eredi di un campo o dell’altro — hanno il diritto di onorare le proprie memorie. Anche questa è democrazia.

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