Ancelotti rischiatutto, vincere o sarà il fallimento Turbolenze in squadra e tifosi in allarme. Solo la finale potrà salvare la panchina di Carlo
Hala Madrid è qualcosa più di uno slogan, è il grido disperato di un popolo, il sogno Blanco nella lunga notte del Bernabeu. Il Real gioca per la finale e qualsiasi risultato che non preveda il viaggio a Berlino il 6 giugno equivarrebbe ad un fallimento epocale. Perché qui funziona così e poco importa se appena un anno fa Carlo Ancelotti ha messo in bacheca l’agognata Decima e a dicembre ha guidato le Merengue sul tetto del mondo. Nella casa dei migliori tutto è estremo, dagli ingaggi sino alla spasmodica attesa dei risultati e dietro il luccichio di coppe e trofei la tensione si taglia a fette. Così Carletto, navigatore esperto nelle acque agitate, l’uomo che ha offuscato il mito di Mourinho, rischia il posto. I tifosi, ingrati, lo hanno fischiato e l’inquieto Florentino da qualche mese è tentato dall’idea di affidare la panchina più ballerina del mondo a Zinedine Zidane, che ha appena fallito i playoff del campionato con il Castilla, la squadra giovanile. Ancelotti sa che non può sbagliare, ma è abituato alle sfide senza ritorno e a gestire situazioni estreme.
Non a caso la Champions è il suo territorio di caccia, ne ha vinte tre e punta alla quarta come nessun altro allenatore al mondo ed è convinto di poter raggiungere la seconda finale consecutiva «per entrare nella storia».
Ma più che la Juve, a minacciare il dominio del Madrid è una vena neppure sottile di masochismo. Difficile tenerlo a bada, anche in giornate così. Il monumento Casillas e i tifosi sono ai ferri corti, Bale si sente sottostimato e vorrebbe tornare in Premier League, la diffidenza nei confronti della squadra sta prendendo il sopravvento sull’ottimismo. Mentre Kroos è acciaccato e Benzema sta bene ma non gioca da quasi un mese. «Siamo concentrati ed entusiasti. Vogliamo giocare un’altra finale», dice Ancelotti provando a riportare la quiete a Valdebebas. In fondo basta l’1-0. E i numeri dell’armata blanca dentro il fortino dovrebbero aumentare la fiducia. L’ultima volta che il Madrid è rimasto a digiuno davanti alla sua gente è oltre quattro anni fa (27 aprile 2011) con Mourinho e ha sempre segnato nelle ultime 51 partite al Bernabeu. Ad alimentare il partito dei pessimisti, invece, sono le tre uscite recenti in cui i campioni hanno sempre subito due gol e le ultime due senza vittorie. Ancelotti ha ricordato che a Torino, prima di perdere, ha rischiato di vincere e adesso ci riproverà rilanciando Benzema al centro dell’attacco (Chicharito in ogni caso è pronto in panchina), riportando Ramos in dife s a , giocando con un centrocampo ad alto tasso tecnico e spiccatamente offensivo con Isco e James Rodriguez ai lati di Kroos.
La società ha chiesto unità di intenti ad una tifoseria nevrotica. Stasera prevarrà la ragion di stato. Almeno all’inizio le polemiche saranno accantonate perché, come dice Carletto, «Tutto il madridismo capirà quanto vale la partita con la Juve e ci aiuterà come è stato contro l’Atletico » . I tifosi aspetteranno la squadra fuori dal Bernabeu, nella Plaza Sagrado Corazones, per lanciarla verso la finale. Ma se le cose non dovessero andare per il verso giusto, il paradiso diventerà l’inferno. E Carletto potrà scegliersi un’altra squadra dove insegnare il suo calcio di qualità.
Ancelotti Tutto il madridismo capirà quanto vale questa gara e ci aiuterà come è stato contro l’Atletico