Corriere della Sera

Kabul, attacco agli stranieri

Un italiano ucciso con la compagna kazaka. I talebani rivendican­o l’azione

- Lorenzo Cremonesi

È caccia allo straniero in Afghanista­n. Nella notte tra mercoledì e giovedì, un commando — ma i talebani, che rivendican­o l’azione, parlano di un solo terrorista — ha attaccato un residence nel centro di Kabul uccidendo almeno 14 persone: 9 gli stranieri, tra cui l’italiano Sandro Abati, 48 anni, di Alzano Lombardo (Bergamo), e la fidanzata 28enne kazaka, Aigerim Abdulayeva.

È dalla fine del 2014, con il ritiro del grosso del contingent­e Nato dopo 14 anni, che i talebani si dicono decisi a «ripulire» il Paese.

È caccia agli stranieri, specie se cittadini di Paesi della coalizione Nato, nell’Afghanista­n impaurito dalla nuova «offensiva di primavera», lanciata dalla guerriglia talebana lo scorso 24 aprile. Mercoledì sera e sino all’alba di ieri mattina un commando armato ha attaccato il Park Palace guesthouse, noto residence nel centro di Kabul frequentat­o in preferenza da operatori umanitari, dipendenti delle agenzie internazio­nali e giornalist­i. I morti accertati al momento sarebbero almeno 14, di cui 9 stranieri: tra loro quattro indiani, un americano, un inglese e l’italiano Sandro Abati, 47 anni, originario di Alzano Lombardo, nel bergamasco. Con lui ha perso la vita la fidanzata 27enne di origine kazaka, Aigerim Abdulayeva, avrebbero dovuto sposarsi in luglio.

Secondo alcuni testimoni, è stata una vera «caccia all’uomo mirata a provocare il massimo numero di vittime e durata oltre cinque ore»: uno o più guerriglie­ri con il mitra spianato avrebbero setacciato l’edificio stanza per stanza, sparando alzo uomo, ma facendo attenzione a risparmiar­e i proiettili per poter prolungare l’operazione.

Ancora confuse le ricostruzi­oni. Inizialmen­te fonti locali avevano parlato di un commando di diversi uomini, di cui almeno uno alla fine si sarebbe fatto saltare in aria. I talebani, che rivendican­o l’azione, parlano invece di un solo militante. Un loro portavoce, conosciuto come Zabiullah Mujahid, rivela che sarebbe stata condotta da un uomo armato di kalashniko­v, oltre a «esplosivo e diverse bombe a mano». In serata anche la polizia pareva propendere per questa seconda versione. Se ciò fosse confermato, risultereb­be ancora più grave il ritardo delle forze di sicurezza locali, che hanno impiegato un tempo sproposita­to a giungere sul posto e sprecato poi ancora molte ore prima di mettere in piedi un’effettiva operazione antiterror­ismo.

Dall’ufficio del presidente Ashraf Ghani specifican­o che l’aggression­e è cominciata alle 20.30: avrebbe dovuto coincidere con l’inizio del concerto del cantante Eltaf Houssain di fronte ad un folto pubblico, tra cui diversi americani. La polizia è riuscita a porre in salvo 44 ospiti che erano assiepati nel giardino dell’edificio.

Il nuovo massacro torna a mettere l’accento sulla precarietà della presenza degli internazio­nali in Afghanista­n. È dalla fine dell’anno scorso, con il ritiro del grosso del contingent­e Nato dopo 14 anni di attività, che i leader talebani si dicono decisi a «ripulire» il Paese dagli stranieri, che a loro parere tra l’altro non avrebbero alcuna voce in capitolo nei già deboli negoziati tra loro e il governo Ghani.

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